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L'anno scorso a Marienbad

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

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La recensione su L'anno scorso a Marienbad

di LorCio
8 stelle

Il cinema è la più grande bugia del XX secolo o almeno così dicono alcuni. Eppure allo stesso tempo è la verità che si fa verbo, l’immaginazione che sostituisce la realtà. Realtà e falsità sono al centro di questo spiazzante film di Alain Resnais, ex redattore dei Cahiers du Cinema che aveva già impressionato con il suo esordio Hiroshima mon amour. Cos’è L’anno scorso a Marienbad? È innanzitutto un’opera (d’arte) clamorosa sull’inganno delle illusioni. Oppure no. Perché il fatto è che sin dal primo minuto rimani coinvolto nei corridoi spettrali dell’hotel e nel vasto giardino che fanno da sfondo alla vicenda. Qui sta la vittoria di Resnais e del suo compagno sceneggiatore AlaIn Robe-Grillet: catapultare lo spettatore in una dimensione in cui la realtà è dubbio, la cifra perenne è l’incertezza dell’attimo e il momento sfugge ad ogni sguardo. Chi è questo signor X che sta alle calcagne della donna sposata? Corrisponde al vero che l’anno addietro si erano incontrati, amati e promessi di scappare insieme? A chi dobbiamo credere? Al coinvolto signor X o alla diffidente donna? X è invadente e sfacciato, insinuante e compromesso, oppure è soltanto un povero bugiardo perso dentro se stesso? E la donna è indifferente e smarrita, sospettoso e cauta, oppure sta solamente al gioco malato della società, negando di conoscere quell’uomo? Le istanze che nascono dalla visione sono innumerevoli, e l’essenzialità della messinscena (anzi, la complessa semplicità della messinscena), nella sua rapidità di durata, sembra non passare mai. Perché è un incubo dell’anima, senza fine e forse senza soluzione. Fosse anche questa la storia di un naufragio esistenziale, l’ultima speranza per un cambiamento? E non mi riferisco solo ad X, di cui più scontatamente se ne possono mettere in risalto le caratteristiche inquiete e nervose, ma anche della donna, troppo silenziosa e nascosta da un volto che poi è maschera. Una maschera da esibire perché quello dell’albergo è un mondo di fantasmi (nella scena iniziale, con la sua immobilità, è palese). Il tempo si è (voluto?) fermare all’anno prima, quasi a far un piacere ad X, per far meglio ricordare alla donna ciò che è stato. Se è stato, ovviamente. Sì, è proprio un cerco che non si riesce a chiudere, eppure così naturale ed ovvio nella sua onirica laboriosità intellettuale.

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