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La regola del silenzio - The Company You Keep

Regia di Robert Redford vedi scheda film

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La recensione su La regola del silenzio - The Company You Keep

di maurizio73
6 stelle

Dopo 30 anni dalla tragica rapina in banca che costò la vita ad una guardia giurata, l'FBI stringe il cerchio attorno ai componenti del braccio armato di una organizzazione di protesta civile contro la guerra in Vietnam, divenuti nel frattempo insospettabili cittadini dalla vita irrepresensibile. Tra questi un brillante penalista vedovo e con figlia al seguito che, smascherato dall'intraprendenza di un giovane 'chronicler' locale, si dà alla macchia cercando di ritrovare la sua vecchia compagna d'armi e d'amore di un tempo e con essa la verità su quel tragico episodio da cui si dichiara estraneo. Finale consolatorio ed edificante.
Attraverso il contributo di una sceneggiatura di calibrata complessità, frutto della indiscussa professionalità della tradizione hollywoodiana (ma non era cinema indipendente?), Redford imbastisce un thriller d'azione che strizza l'occhio da un lato alle dinamiche orizzontali dei film di impegno civile degli anni '70 ('Tutti gli uomini del Presidente'- 1976 - A.J.Pakula),dove l'intricata rete di relazioni e di fatti emerge dai complicati rapporti interpersonali tra i personaggi, e dall'altro alla mistica eroica che declinava la fine del sogno americano nell'irriducibile idealismo di uomo braccato (I tre giorni del Condor - 1975 - S.Pollack) , in fuga verso un passato di oscure macchinazioni ed un presente di sconcertanti (strabilianti) rivelazioni. Forse eccessivamente verboso e complicato da un andamento narrativo non sempre coerente e credibile, offre un buono spettacolo per via del ritmo incalzante e per l'indiscutibile appeal di vecchie e nuove glorie del cinema a stelle e strisce e grazie ad una regia classica che ricerca una sintesi efficace tra le caratterizzazioni dei personaggi e lo sviluppo della storia, nel tentativo (non sempre riuscito) di indirizzarne comportamenti e motivazioni verso il punto di arrivo di un percorso accidentato dove la realtà non è mai quella che sembra. Nell'indagine parallela tra le ambizioni di un imberbe ma determinato cronista d'assalto e quella di un anziano ma ancora scattante 'azzeccagarbugli' liberal dal passato oscuro e misterioso (entrambi ruoli che l'autore conosce a menadito) si gioca lo sviluppo di un film che cerca di mescolare le ragioni della verità (storica,giuridica,personale) con quelle del cuore (una figlia grande ed una figlia piccola) nel segno di una discontinuità tra un passato di ingenuo e feroce idealismo ed un presente di 'normalizzazione borghese' e di buoni sentimenti, finendo con il sostituire la tensione morale dei 'modelli' già citati con la deriva stucchevole e deboluccia di un sentimentalismo da terza età (ma che sarà mai questo tremendo segreto che il protagonista vuole preservare dall'invadenza dei media?). Nutrito il 'parterre de heros' non ostante la produzione indipendente del padre fondatore del Sundance; si rischia però l'irritante effetto cameo con presenze meritevoli di una maggiore valorizzazione, ridotte al rango di figurine marginali nei rivoli senza sbocco di una narrazione incompiuta (Sarandon,Nolte,Christie). Non sempre quando invecchia, il vino migliora. Anche per il vecchio Bob dovrebbe valere la regola di tacere quando non si ha nulla da dire: il silenzio si sa, è d'oro.

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