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Le Streghe di Salem

Regia di Rob Zombie vedi scheda film

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La recensione su Le Streghe di Salem

di Stuntman Miglio
8 stelle

Un corridoio per l’inferno.

Teniamocelo caro-caro, Rob Zombie. Un regista contemporaneo che riesca a fare cinema destrutturando e rielaborando con impronta moderna gli archetipi di un genere quantomeno abusato, va indubbiamente preservato, non siete d’accordo? Al quinto lungometraggio, il nostro prosegue un personalissimo cammino verso la fonte primigenia del male, addentrandosi sempre più in incubi dai quali è impossibile tornare indietro. Dopo il sadismo irrefrenabile della famiglia Firefly e l’implacabile sete di sangue di Michael Myers, è il turno delle celebri streghe di Salem, folli adoratrici di Satana bruciate sul rogo alla fine del '600 ma destinate a tornare fra noi attraverso un diabolico anatema tramandato di generazione in generazione. Le meretrici della bestia hanno infatti una missione da portare a termine: vendicarsi e trovare una madre sacrificale per il loro padrone. Plot essenziale sviluppato per suggestioni ed allucinazioni a cavallo di due mondi, in costante bilico fra passato e futuro. Le colpe dei padri ricadono sui figli ed è così che le maledizioni trovano il modo di compiersi. Zombie lascia che follia e corruzione di carne e spirito si facciano strada lentamente nel suo film, fra apparizioni e rivelazioni magari non inaspettate ma che irrompono sulla scena con immagini disturbanti di rara efficacia, che si rifanno tra gli altri a Lynch e a Cronenberg ma mantenendo un’aura d’inquietudine malsana che difficilmente ci si riesce a togliere dagli occhi. Un dormiveglia violentato e ricamato alla perfezione sui conturbanti lineamenti di Sheri Moon, musa disfunzionale, ipnotica e (straordinariamente) sensuale, veicolo tormentato di un calvario che trascende il personale per abbracciare un malessere che si spande all’intero concetto di fede. Non esiste redenzione o salvezza, il cielo rimane immutato anche dopo l’inspiegabile orrore, in attesa di qualcosa che potrebbe essere anche peggiore. Ed è lì che si annida la narrazione del regista americano, nella costruzione dell’indicibile attraverso volti, corpi, luci, colori, oggetti, tutto in balia di forze innaturali, oscure. Con un girato che ti penetra sottopelle, fatto di lenti movimenti di macchina a svelare dettagli inquietanti e di inquadrature fisse che insistono sino al fastidio (dopo quelli di Shining è qui che incontriamo uno dei corridoi più spettrali di sempre). Gran gusto, ottima conoscenza della materia filmica e un orecchio che sa catturare perfetti abbinamenti in colonna sonora. C’è un motivo se il sabba finale coincide con un fantomatico concerto segreto. Non dico altro, il resto dovete sperimentarlo direttamente sulla vostra pelle.

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