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Leafie. La storia di un amore

Regia di Seong-yun Oh vedi scheda film

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La recensione su Leafie. La storia di un amore

di OGM
8 stelle



In questa storia d’amore c’è un po’ de Il brutto anatroccolo, de Il popolo migratore, de La gabbianella e il gatto, di Bambi. Perché questa non è solo una storia d’amore. È anche e soprattutto una storia di guerra, di una di quelle eterne ed epocali, che si combattono tra la fantasia e la realtà, tra il senso di appartenenza e la solitudine, tra il sogno e la necessità. La difficoltà del vivere scaturisce dal fatto di dover effettuare delle scelte, che nascono dai dilemmi e sfociano nel sacrificio. Queste sono tutte, singolarmente, piccole storie di impegno e di rinuncia, che si rinnovano ogni giorno, dandoci sempre nuove possibilità di mostrarci codardi o coraggiosi, di condannarci con le nostre stesse mani, oppure di diventare eroi con poco. Ad impartirci la lezione è una gallina, chiusa in una batteria, che digiuna per giorni e poi si finge morta, pur di poter riconquistare la libertà. Una libertà da quattro soldi, verrebbe da dire, perché si estende solo per pochi metri fuori dalla porta, entro gli angusti spazi di un pollaio e di un piccolo cortile. Però è la prima tappa di una conquista decisiva, che avvia un percorso alla scoperta del mondo. Basta uscire dalla prigionia, per fare quell’incontro chiave che indica la direzione da seguire. Leafie non sa nulla della vita, ma lascia che questa le insegni i suoi dolorosi misteri, attraverso gli  ostacoli e le occasioni che essa porrà sul suo cammino: eventi che prevederanno tutti un confronto con l’ignoto, con quel territorio inesplorato che è l’altro da sé. Si può avere paura delle differenze e rifiutarsi di imparare da chi non si conosce: Leafie rappresenta l’atteggiamento opposto, ed è, in mezzo ad un ambiente dominato dalla rivalità e dalla diffidenza, l’esempio di  un animo che si apre generosamente al prossimo, anche quando questo non appartiene alla sua stessa specie. Un principio che saprà trasmettere al suo figlio adottivo Greenie, il germano reale di cui, dopo la morte dei genitori, ha continuato a covare l’uovo.   Non è una retorica – nonché ingenua - professione di fede nella pace universale,  bensì una saggia accettazione degli inevitabili conflitti, che occorre affrontare, senza fuggire dal rischio, né temere l’incomprensione altrui. Questa vicenda è disseminata di violenza, fisica e verbale, di scherno, persino di volgarità, perché la miopia e l’arroganza si esercitano in tanti modi, ed in altrettanti modi da queste ci si può difendere. Il contesto naturale, popolato da animali di ogni genere, si presta più che mai a dimostrare come il dramma sia essenzialmente un prodotto della lotta per la sopravvivenza, della competizione, dell’impulso a prevalere nel gruppo e a soddisfare i propri istinti.  Le leggi dell’universo, però, per quanto possano essere ineludibili e crudeli, non impediscono di sfidare i pericoli, dare il meglio di sé ed adoperarsi per aiutare coloro che hanno bisogno. Il movimento fremente di questo film d’animazione, disegnato a mano e senza effetti tridimensionali, è più che mai adatto a farsi portatore di una saggezza antica, che procede a passo lento, rispettando la prudenza con cui il sentimento autentico, sofferto ed ineffabile si fa, poco a poco, largo nel cuore. Il ritmo progressivamente accelera, culminando in un inseguimento a rotta di collo, in una lunga sequenza degna di un action movie a sfondo supereroico, nello stile psichedelico dei manga. Contemporaneamente, anche la bellezza, che all’inizio sembrava beffardamente latitante, mascherata dietro una estetica scapigliata e decisamente antiromantica, acquista gradatamente slancio, preparandosi, in punta di piedi, a celebrare  ore rotundo il poetico splendore della rivelazione finale. I personaggi crescono, ed il racconto insieme a loro: da bambini diventano adulti, concedendosi, strada facendo, il gusto tenero e buffo del gioco infantile, che improvvisa teatrini di pupazzi animati e si diverte ad imitare i mestieri dei grandi (vedi la lontra - agente immobiliare ed il pipistrello – maestro di volo). Dietro le quinte, intanto, la serietà e la crudezza della vita vera stanno in agguato, pronti a metterli alla prova. È un’illusione uscirne indenni, senza farsi male. Questo cartone animato non ci risparmia proprio nulla, quanto a perfidia, brutalità e tristezza. Ed è così desolatamente sincero da costringerci ad abbracciare,   con affettuoso trasporto, la sua  terribile, e pur meravigliosa verità sulla fatica di essere se stessi, anche dando piena dignità alla diversità dell’altro, ed accogliendo, serenamente,  perfino la devastante umiliazione dell’abbandono.

  

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