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Jack Reacher: La prova decisiva

Regia di Christopher McQuarrie vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Jack Reacher: La prova decisiva

di Dom Cobb
8 stelle

Tra le varie recensioni sul film che ho letto, una in particolare mi ha colpito. Recita: "Jack Reacher sembra già appartenere ad un'altra epoca". Concordo con quest'affermazione, ma nel senso migliore del termine. In effetti "Jack Reacher" è un thriller d'azione che potrebbe essere considerato "della vecchia scuola", come se ne facevano ancora negli anni '80 e '90, senza per questo sfiorare a tutti i costi l'effetto "nostalgia" o "riunione di vecchie glorie" in stile "I Mercenari". Innanzitutto , seguendo le coordinate dettate dal libro di Lee Child, l'azione si svolge lontano dalle città canoniche dove viene ambientata la maggior parte dei film (L.A., N.Y., piuttosto che Miami), preferendo una città "di provincia" come Pittsburgh; ma è la trama stessa che ingrana senza aver bisogno a tutti i costi di un ritmo da videoclip: l'entrata in scena di Reacher e le sue successive indagini sulla scena del crimine e sulle vittime seguono un incipit asciutto e teso, dove l'omicidio delle cinque vittime e i momenti antecedenti agli spari vengono vissuti a fianco del cecchino, attraverso le immagini delle video camere di sorveglianza e la soggettiva del mirino del fucile di precisione. Anche le scene d'azione sono dosate in pochi punti precisi lungo la pellicola e, in tutti i casi (e sta qui, secondo me, un'altra piacevole sorpresa) si tratta di azione puramente "fisica", dove, cioè, "il nostro eroe" fa a botte, spara o fugge in auto: insomma, la cosiddetta "vecchia scuola" di cui dicevo prima si riferisce proprio alla concezione di cinema che per essere dinamico non ha obbligatoriamente bisogno di effetti CGI a tutti i costi, ma solo di tecnica degli stunt, della sapienza della regia e del montaggio. Tra tutte merita una citazione il doppio inseguimento automobilistico a metà film, nel quale Tom Cruise insegue due scagnozzi del "cattivo" lungo le strade della città, essendo inseguito a sua volta dalla polizia: l'inseguimento automobilistico è una di quelle situazione che definirei "must" all'interno del cinema d'azione/poliziesco ed il regista Christopher McQuarrie, forse memore di altri film predecessori quali "Bullitt" o (l'immancabile) cinema di Friedkin realizza un car chase vibrante e veloce, privo delle inutili musiche di sottofondo (chi ha citato, giusto per cambiare, Michael Bay?) che rovinano la tensione e dove, finalmente, le auto non fanno acrobazie che sfidano le leggi della fisica. Così come il finale all'interno della cava vede Reacher avere la meglio sugli scagnozzi di Werner Herzog grazie all'aiuto del vecchio marine Robert Duvall e all'astuzia della sua preparazione militare: non ci sono super-corazze per super-eroi, solo la consapevolezza che chi è più bravo a sparare e più letale a fare a botte ne esce vincitore. Insomma, in un' epoca dove gli Avengers, nella battaglia finale, quasi radono al suolo New York, in proporzione, "Jack Reacher" ne esce quasi come un film anti-spettacolare. Nel ruolo di Jack Reacher Tom Cruise tenta di discostarsi dalla sua solita figura di eroe (quello alla Ethan Hunt, per intenderci), dando vita, con il suo solito impegno recitativo (potrà non piacere il Cruise-divo, ma il Cruise-attore è professionista che sa cucirsi addosso i ruoli) ad un ex-militare solitario e sarcastico, preparato fisicamente e mentalmente: qualcuno lo ha paragonato, data l'ombrosità del personaggio, al Vincent di "Collateral", ma personalmente non sono d'accordo, in quanto Reacher, di fondo, si dimostra ancora un idealista (la ricerca della giustizia, la sua cognizione del concetto di "libertà"), mentre Vincent è un nichilista. C'è una scena che vede Reacher e l'avvocatessa Rosamunde Pike alla finestra mentre guardano altre persone indaffarate negli uffici, come tutti i giorni: Reacher è un militare a cui, per anni, è stata inculcata l'idea di dover combattere per la "libertà" del proprio paese ed ora, una volta tornato a casa, Reacher vede che la tanto millantata "libertà" è costituita da una vita sempre di corsa, fatta di stress, tradimenti, rabbia repressa sul lavoro, delusioni: questa è vera libertà? Rosamunde Pike è affascinante, mentre Robert Duvall nobilita il film con la sua caratterizzazione di un vecchio soldato verace ed ironico. Anche Richard Jenkins rientra nella schiera di quei solidi caratteristi di cui il cinema d'oltreoceano è ricco. La scelta, come villain, del regista tedesco Werner Herzog è curiosa ma interessante (qualcuno direbbe "cinefila"): il suo personaggio, che si fa chiamare Zed (ma non è il suo nome, in quanto vuol dire "prigioniero" in russo) è un uomo che ha perso umanità e scrupoli nei gulag in Siberia (da notare l'orrido aneddoto sulle dita delle mani mancanti) e che, ora, cerca una facile rendita con l'attività di speculatore edilizio. Ne esce un personaggio spettrale, che appare sempre di notte, dalle tenebre e la cava stessa, dove ha il suo "quartier generale", pare quasi essere il suo personale "Antro del Diavolo". Resta un ultimo dubbio all'interno del film, un'ulteriore "zona di grigio": il concetto di "giustizia" perseguito da Reacher: qual è la vera giustizia? Assicurare comunque alle autorità competenti un delinquente come Zed, sapendo che una giustizia "istituzionale", molto spesso più attenta alla forma che alla sostanza, con tutte le attenuanti del caso, non gli garantirebbe la pena in quanto anziano e menomato (ed il personaggio di Werner Herzog lo sa benissimo), oppure fare una scelta più "radicale", più definitiva come quella di Reacher, in modo che tutti paghino le loro colpe? Come recita il titolo di un vecchio film con Al Pacino: "E giustizia per tutti". 

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