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Jack Reacher: La prova decisiva

Regia di Christopher McQuarrie vedi scheda film

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La recensione su Jack Reacher: La prova decisiva

di alan smithee
6 stelle

Da un romanzo dello specialista Lee Child, un film per molti aspetti intrigante, che parte da un efferato sterminio di massa (come ormai capita sempre piu' sovente pure nella sconcertante realtà delle tragiche cronache con sfondo su addensamenti metropolitani ostaggio di singole irreparabili follie omicide) per costruirvi attorno - con una buona presa emotiva ed un ritmo piuttosto concitato e sostenuto da colpi di scena puntuali e spesso riusciti - tutto un intricato congegno ad incastro. Un meccanismo premeditato sino all'ossessione per mascherare un'azione deliberatamente punitiva e criminosa attuata in ogni minuzia grazie anche alla collaborazione di illustri ma corrotti membri insospettabili delle forze dell'ordine.
Dunque l'evidenza apparente dell'ennesimo caso di follia omicida attribuibile all'intervento insensato e deliberatamente devastante di un pazzo psicopatico, che tuttavia viene facilmente acciuffato da un brillante investigatore della polizia (l'ottimo David Oyelowo già apprezzato recentemente nel per ora inedito Paperboy), e che, senza batter ciglio nel proclamare la propria innocenza, fa (anzi scrive) un solo nome in occasione del suo interrogatorio serrato: quello di Jack Reacher.
Veterano delle forze armate (ed eroe fisso di diversi romanzi di Child), Jack si presenta spontaneamente alle autorità che invano cercano tracce della sua misteriosa e ritirata nuova vita da quando si è congedato scegliendo l'anonimato più ostinato. E molto presto l'uomo accetterà la collaborazione (reciproca per la verità) di una avvenente avvocatessa (quella valchiria della Rosemund Pike), figlia guarda un po' del procuratore distrettuale (un Richard Jenkins che ispira nel contempo sentimenti antitetici di saggezza, affidabilità ma pure circospetta diffidenza).
Ah dimenticavo: Jack Reacher è Tom Cruise, anche produttore del film; divo consapevole e goduto, cinquant'anni coltivati minuziosamente e con disinvoltura piuttosto esibita, come in tutti i casi in cui da belli si sente il bisogno di continuare a piacere per l'eternità, come irriducibili trentenni agguerriti contro un tempo che avanza imperterrito, ma in fondo benevolo con lui a dispetto di tutti i comuni mortali cosi' bravi ad invecchiare.
E dunque scene di culto obbligatorie per celebrarne l'immarcescibilità: come quando il nostro eroe si spoglia dell'inseparabile maglino grezzo della salute davanti all'amazzone bionda, difensore ostinata dall'occhio pendulo sugli ostentati pettorali e addome dell'eroe, che reggono (molto bene) al trascorrere delle primavere e che si motivano nella loro esibita manifestazione, con la scusa che il patriota non è abituato a viaggiare con indumenti di ricambio.
Un film diretto con una certa verve da un Christopher McQuarrie di cui poco riesco a dire a proposito del suo passato di regista, ma che sa tuttavia dosare i tempi dell'azione e dare ritmo ad una vicenda intricata sino al rischio di perdersi in dettagli sin troppo minuziosi, per uscirne invece in modo netto con tutte le spiegazioni (e le logiche) del caso.   
E pazienza se verso la fine la situazione va un po' a finire in vacca, specie quando si decide di mettere la ciliegina dolciastra non necessaria su una torta fino a quel momento piuttosto riuscita, e rappresentata nello specifico da un grandissimo attore che piace sempre ritrovare arzillo e dinamico, ma che qui risulta davvero fuori luogo, spiace ammetterlo: parlo dell'ormai quasi leggendario Robert Duvall.
Meglio tuttavia ripensare alla mefistofelica seppur poco risolta figura di un inquietante Werner Herzog, qui in veste non così scontata di attore navigato e disinvolto, e come dicevo poco sopra, apprezzare sempre più la prova attoriale di un David Oyelowo che vorremmo rivedere presto in altre performance degne dei suoi due ruoli citati precedentemente.

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