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Gli equilibristi

Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film

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La recensione su Gli equilibristi

di supadany
7 stelle

Dopo le disavventure intercorse con La bella gente (2009), film uscito in sala solo ad agosto 2015, questa volta la creatura del caparbio Ivano Di Matteo non ha avuto di questi problemi (coproduzione italo-francese, distribuzione Medusa), semmai ha dovuto fare i conti con critiche contraddittorie e uno scarso, quanto prevedibile, riscontro di pubblico.

Un doppio peccato, perché, almeno per chi scrive, è un lavoro assennato e significativo, nonostante non sia tutto oro colato.

La vita di Giulio (Valerio Mastandrea) cambia drasticamente quando sua moglie Elena (Barbora Bobulova) non gli perdona il tradimento costringendolo prima ad andarsene di casa e poi a separarsi nei termini previsti  dalla legge.

In breve tempo perde i suoi riferimenti, le spese si moltiplicano e i soldi non bastano più; è così costretto a un doppio lavoro, ma la deriva si fa sempre più incombente.

 

 

Non è un mistero che oggi tra i nuovi poveri si annoverino tanti papà separati, che, all’interno di un sistema in progressivo disfacimento, si trovano di fronte a tanti problemi, quando un lavoro non basta più nemmeno per mantenere se stessi, figuriamoci per togliere gli sfizi di una figlia (nel film, Rosabel Laurenti Sellers) che spesso si mette comunque in prima linea nella lista delle priorità.

Anche per questo si tratta di un film importante, ma lo è soprattutto per altri motivi, per come espleta il cammino dei vari componenti della famiglia protagonista e per come li tratteggia.

Giulio ha le sue colpe (è un uomo buono, ma gli errori si pagano), non si è trovato in questa situazione per caso, Ivano De Matteo lo sa e la sua descrizione ne tiene conto, così che non è solo vittima, ma anche carnefice di se stesso.

E’ difatti realmente difficile (almeno per molti) chiedere un aiuto, mostrare agli altri il proprio malessere, si tende a volercela fare da soli, ostentando sicurezza, e quando si esce dal proprio cerchio di affetti e di amicizie si trovano istituzioni cieche che promettono, ma poi non mantengono e quello che possono fare i volonterosi è solo un flebile pagliativo.

E la crisi del protagonista tocca comunque chi gli sta intorno, le privazioni, degli affetti ma anche dei desideri, sono condivise seppur nell’impossibilità di capire (esauriente il personaggio della figlia), una vancanza in regalo non vale il sorriso di un padre.

Tutto questo è inserito in un percorso netto, se vogliamo semplicemente inevitabile, la sua strutturazione è comunque personale, si limitano al minimo le sfuriate (mai veramente fuori controllo), si entra in maniera decisa nel nucleo del racconto e Roma, con i suoi ritmi, è raffigurata diversamente dal solito.

Funzionale al massimo è Valerio Mastandrea, figurativamente ideale per tratteggiare il decadimento di Giulio, tra gli altri Rosabel Laurenti Sellers denota un precoce talento, mentre Maurizio Casagrande è insolitamente azzeccato, Barbora Bobulova consona (soprattutto in apertura ed in chiusura) e Antonio Gerardi sa come interpretare la sua maschera.

A discapito, va un finale convincente, ma forse un po’ troppo evoluto (poteva essere più asciutto, ma comunque non è denigrabile), qualche rimarcazione di troppo, in più, trattasi di dettaglio, non ho capito il senso della scelta musicale sui titoli di coda, non tanto per il testo, quanto per le tonalità, un po’ discordanti con il mood costruito.

La sostanza è comunque garantita per quanto già scritto, grazie anche ad una regia che cerca di non appiattirsi troppo e contraddistinta da idee che sembrano chiare.

Non impeccabile, ma maturo.

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