La recensione su Riddick

Torna il criminale galattico più pericoloso e più ricercato dell'Universo (grazie anche alle taglie pesantissime ed allettanti che pendono sulla sua testona pelata) nella sua terza avventura, diretta anche stavolta, come per le altre occasioni, da quel David Twohy che con Pich Black e Below seppe accendere in me entusiasmi purtroppo non più confermati con le opere seguenti, neppure col secondo ed un po' ingessato e fastoso capitolo incentrato sul nostro simpatico e tenebroso delinquente.
Riddick, questo il titolo semplice e schietto del terzo capitolo, tuttavia torna a far brillare un personaggio che Vin Diesel evidentemente sente molto nelle sue corde e che in questo film sembra quasi aprirsi in confidenza nei confronti del suo pubblico. Un popolo di gente che ormai lo ama proprio perché col suo vocione tenebroso e profondo, scontroso e ruvido, l'eroe si confessa al suo spettatore e lo rende partecipe delle sue preoccupazioni, dei suoi programmi sempre al limite dell'impossibile, informandolo anzitempo di ciò che le sue percezioni sensoriali acutissime che gli permettono di prevedere pericoli in arrivo, gli esplicitano, grazie ad un paio di occhi fosforescenti e felini dalla elevata sensibilità e percezione.
L'astuzia di Twohy, che possiamo apprezzare proprio ricordando e mettendo a confronto con il suo film, l'inutile pomposità di prodotti che si spacciano per seri e di serie A quali il recente Elysium o l'Oblivion supponente ed incomprensibile con Tom Cruise (ma anche il più semplicistico ma ridondante e lagnoso ultimo Shyamalan di After earth), è quello di mantenersi sempre nei territori della più onesta serie "B", che viene quasi esaltata e certo messa in evidenza nelle suggestive e forzatissime scenografie da cartolina che sembrano fuoriuscite da vecchi cult di fantascienza come "Il pianeta perduto", dalla grettezza e caricaturalità di personaggi e brutti ceffi che affastellano la seconda parte del film (che è anche la più debole, in verità); delinquenti senza rimedio cui si aggiunge la figura di una biondona tutta tette, mitra e smalto rosa per le unghie ("rosa come i tuoi capezzoli" le sogghigna quel grezzone di Riddick..."rosa selvaggio", come rivendica lei con un misto di orgoglio e di trattenuto accaloramento da orgasmo nel pensare a quel marcantonio che la prende con forza e veemenza) che è già uno scult da manuale.
Poi questo ultimo "Riddick" possiede tutta una prima mezz'ora abbondante incentrata sull'eroe che si ambienta in un pianeta in cui è stato portato con intenti truffaldini da un criminale che lo ha ingannato (povero Riddick, in fondo è un puro e se le crede tutte!), e che si sviluppa in una sfida dietro l'altra e senza tregua con i minacciosi abitanti del pianeta, che l'eroe combatte a fatica riuscendo ad avere la meglio e allargando con la sua nuova ingombrante presenza una scala gerarchica che lo vede sempre ricoprire le sfere più alte della piramide tra più forte e più debole. Una sfida che comunque attanaglia allo schermo e rende assolutamente godibile la visione, come quei vecchi film di Tarzan in lotta contro mostri ed animali primitivi. Poi come dicevo, l'arrivo di due nuove astronavi di cacciatori di teste rischia di rovinare e compromettere un pò di quell'idillio compiaciuto tra protagonista ed spettatore che i primi tesi e concitati 40 minuti erano riusciti a costruire. 
Ma in sintesi il prodotto, caciarone e un po' grezzo, ingenuo ma più onesto dei citati illustri esempi fatti sopra, funziona alla grande, facendo risalire l'abile Twohy a livelli piuttosto vicini alle vette già valicate con le sue due opere più significative accennate poco fa.