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Stoker

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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La recensione su Stoker

di scapigliato
6 stelle

Opera estetica in cui i piani visivi si intersecano in quelli narrativi amplificandone la percezione, quasi si trattasse di un esperimento cinematografico sensoriale. Park Chan-Wook arriva in America e gioca a fare Hitchcock usando le scarpe di Lynch. Se il cinema di Sir Hitchcock era moderno nel senso di classico – scusate il gioco – e quello di David Lynch barocco nel senso di eccessivo nella labirintesi e nel enigma, Stoker cerca di essere moderno, forse pure post o iper, giocando a classicheggiare le audaci e irrimediabilmente moderne forme visive del regista di per loro già pregne di una visionarietà autoriale esasperata e poco adattabile a linguaggi diversi da quello dell’alveo originale.

La morbosità con cui la sceneggiatura di Miller vuole raccontare la formazione adulta attraverso la violenza – archetipo americano dell’origine del Paese – utilizzando il corpo virginale della femmina pura – altro archetipo fondativo degli Stati Uniti – è una morbosità, a mio parere, fin troppo telefonata e soprattutto giocata con un inutile siparietto seduttivo che di erotico ha solo le natiche di Mia Wasikowska. Forse sessualità e nudi cosiddetti gratuiti – che infine non lo sono mai – sarebbero stati più azzeccati.

Il film è molto complesso, pieno di rimandi estetici e iconografici, che vanno oltre al cinema di Alfred Hitchcock e s’impregnano di forme e colori così pesanti che tutta l’architettura visiva sopprime quella narrativa. Senza per questo vanificare il lavoro di Miller che emerge comunque e si fa notare per un gioco degli elementi narrativi, soprattutto i topoi, che hitchcockianamente innervano tutta la sceneggiatura, come la famiglia borghese dai modi congelati, le donne fatali dalla pettinatura elegante, una chiara l’altra scura, il revenant-sosia che viene a sostituire un affetto perduto, il motel, le macchine, lo zio insinuante, fino agli aspetti tecnici come scenografia e luci.

Dopotutto la fotografia di Chung-Hoon Chung è bellissima e per questo efficace nel rendere l’aspetto liquido della vicenda richiamando quella tonalità di verde melmoso, acquitrino, tipica del profondo sud statunitense dove misteri, morte e sensualità si compenetrano come perpetua esegesi locale, seppur l’atemporalità e l’aspazialità dichiarate del film non lo collochino in nessun luogo e tempo precisi.

I chiari riferimenti alla copula, al fallo, alla masturbazione, hanno tutti lo scopo di indirizzare la riflessione sul passaggio dall’adolescenza alla maturità sui binari incerti della compulsione sessuale, senza mai purtroppo lasciarsi andare ad una vera e propria epifania della libido – o forse il tema ultimo voluto dagli autori è la castrazione? Il risultato è comunque un bellissimo film estetico, pieno di immagini tra loro organizzate concettualmente, che non riesce a dire tutto quello che vorrebbe dire. Questo credo anche a causa del reparto attori. La Wasikowska de L’Amore che Resta (2011) era un’altra cosa, ma duetta bene con Nicole Kidman che sembra averci preso gusto con i thriller a tinte fosche, e non perde un briciolo della sua celebre bellezza. Peccato che il ruolo di algida anfitriona la costringa in una parte marginale, invece che lasciarla giocare alla cougar lasciva che le viene così naturale. Stesso dicasi per Matthew Goode, fuori parte e fuori luogo, senza il physique du role che meriterebbe il personaggio, un Joseph Cotten 2.0 ma senza la stessa perturbazione.

Si scomoda la Lolita di Nabokov, ma anche Il Postino Suona Sempre Due Volte di Cain, e la locandina ricorda l’American Gothic di Grant Wood che ricorda a sua volta l’Antologia di Spoon River scritta da Edgard Lee Masters. Il film di Park Chan-Wook resta però un tentativo abbastanza audace ma irrisolto  – la deflorazione immaginata, evocata ad ogni contatto con lo zio e sempre rinviata, ne è un esempio lampante – di trattare il pruriginoso mito della virginale seduzione del male adulto, da leggersi in modo ambivalente: è la vergine ad essere sedotta dal male adulto o è l’adulto ad essere sedotto dall’infernale innocenza virginale?

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