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Stoker

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Stoker

di alan smithee
8 stelle

Caspita 'sti coreani!!! Riescono ogni volta (o quasi) a stregarmi, anche quando, sradicati dalla terra natia, si trasferiscono in pompa magna negli Usa e si accingono ad affrontare la loro prima pericolosa ma seducente avventura americana. E se taluni talentuosi registi riescono solo a tirar fuori un compitino stiracchiato seppur in bella calligrafia (vedi l'avventura di Kim Ji-woon con l'ormai un po' logoro Swarzy di The Last Stand, che suscita più tenerezza che colpi adrenalinici), il nostro meraviglioso Park Chan-Wook fa indubbiamente un po' il furbetto, gioca con le sue carte magiche e tira fuori il suo consueto suadente repertorio di mistero e sangue stillante; non contento si attornia di un trio attoriale seducente e perfetto per rappresentare l'accanimento nella difesa delle proprie personali ossessioni di famiglia (con una Kidman che non può non ricordarci la lucida follia del famoso bellissimo horror di Amenabar "The Others", e per questo motivo sempre guardata con il massimo sospetto dallo spettatore un pò più scafato) e gira un film che manda in visibilio chi lo conosce e lo ama dai tempi di Old Boy e della sua fantastica ossessiva trilogia della vendetta. Una morte misteriosa, una moglie fragile ed insicura, una figlia diciottenne inquieta e solitaria, un fratello del padre defunto che spunta misteriosamente senza ben comunicare il motivo della sua visita (ma in fondo lo conosciamo tutti). Quasi ogni segreto resta praticamente tale, quasi ogni spiegazione lasciata ad ogni singola sensibilità (e questo non piacerà a molta parte del pubblico): lo sviluppo quieto, sospettoso e controllato della prima parte non potrà non sfociare nel sangue di una vendetta che sembra persino anacronistica e nemmeno molto motivata: ma attrae e seduce, e questo, almeno personalmente, mi soddisfa e appaga: a volte è bello lasciarsi andare al piacere dell'immagine, rifiutare di andare veramente a fondo di intrighi che lo stesso regista e gli sceneggiatori non si preoccupano troppo di chiarire. Lasciarsi prendere dal corso delle immagini, dai primi piani di un ragno che scala la gamba fasciata da un collant mortificante della nostra giovane protagonista; dagli sguardi suadenti di un trio di attori affascinante che riesce a trasferire nella follia dei reciproci eccentrici personaggi lo charme e la bellezza potente che li contraddistingue e li rende efficacemente malvagi e misteriosi nello stesso momento.
E il sangue che sprizza e macchia di un perfetto color porpora un mazzo di anonimi fiorellini spontanei rendendoli unici e quasi regali (è la seconda volta quest'anno che succede dopo la celebre scena di Django) e che testimoniano il seducente appagamento che fa seguito ad una vendetta che già dall'inizio appare inevitabile: anche se il nemico è cosi' bello, misterioso ed attraente, così simile a quel padre che India venerava ed amava in modo davvero poco paterno. 
Un film ossessionato ed ossessionante, che ricorda certe furenti lucide follie depalmiane magari un po' fini a se stesse ma stimolanti e figlie di chi il cinema lo conosce bene e lo sa (ri)creare alla perfezione.

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