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Gli infedeli

Regia di Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtes, Jean Dujardin, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau, Gilles Lellouche vedi scheda film

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La recensione su Gli infedeli

di lorenzodg
4 stelle

Gli Infedeli” (Les Infedèles, 2012) di una schiera di registi (sette) per una pellicola a episodi (sei) più un prologo prima dei titoli di testa.
   Un film studiato per essere puro intrattenimento e indagatore di vizi e problemi maschili (e non solo). Ma tutto si rivela scombinato, spappolato, denigratorio a rovescio, discutibile e, soprattutto, spudoratamente (nel senso vero) col fiato molto corto. Nessun episodio (a parte qualche rarissimo intermezzo) emana un certo gusto di cinema sagace e riflessivo: tutto rotola al facilissimo cliché risaputo senza mai una vera zampata, non dico d’autore, ma almeno di fini(ssima) commedia dell’arte o di pochade irriverente. Si sente puzza di bruciato lontano un miglio e il poco ridere di gusto è assente o meglio neanche presente nel miglior piatto succulento del più rinomato  ristorante parigino. Qui siamo dalle parti di una bettola con cinque stelle al contrario. Sesso e dintorni in un guazzabuglio di luoghi comuni e di sketch (frammisti a lungaggini inutili) mal riusciti e tristemente goffi. Poi va da sé che il meccanismo, molto telefonato, si capisce nel prologo (mah..) e tutto resta lì: il resto robaccia di terza categoria dove certi film cosiddetti ‘scollacciati’ fanno la loro ‘degna’ figura e altri ad episodi sull’argomento non sembrano ma sono capolavori (affermati). Basti pensare a “I mostri” (1963), “Sessomatto” (1973) e “Sesso e volentieri” (1982) tutti di Dino Risi con lo schema a episodi da molti imitato ma che nessuno è riuscito ad eguagliare o quantomeno ad avvicinarsi per irridere (sul serio) la società (e non solo). Nella pellicola francese di irridente c’è solo il titolo che non trova riscontro su feroci episodi: un susseguirsi di un parolaio cazzeggiante (e cazzaro), di inverosimili ambienti e di sfigati adulteri. Che imbecillità si può raggiungere nello scrivere di un incontro tra due fuori da una famiglia inesistente: le zoccole (libera traduzione riconoscibile) sono il meglio per le mogli di disperati sesso-maneggiati mariti. Qualche leggera retorica (sfumata al massimo), e senza senso, su un paio di quadretti con papà, mamma e figlioletto che legge una poesia o che guarda distrattamente i suoi adulti. Che pena doversi sorbire una simile idiozia filmica senza un riso convinto e una riflessione veramente corrosiva (come sapeva fare benissimo certa commedia nostrana e anche certa altra che non ambiva a dare lezioni di regia ad altri). Lo scoramento è tale mentre un episodio finisce e ne inizia un altro senza lasciare una traccia sensibile: le sequenze da discoteca in ‘slow motion’ sono inconcludenti, come l’incontro con gli amici della giovanissima da portarsi a letto o addirittura poverissimo il dialogo in una camera d’albergo tra il lui che non vede l’ora di ‘avere’ una lei qualsiasi tra i tanti corridoi. Un vero squallore nei personaggi e in quello che gli girano attorno. “Mi scoperei mezza Francia” o tutta vuole essere (forse) un assioma razionale e cartesiano (controsenso-logico) per parlare di cose alte del mondo d’oltralpe di oggi ma il segno è ben più misero e stupido e non fa centro neanche da un centimetro di distanza (e il punteggio totale è oltremodo basso). Una goduria in brachedatela vedere il fondoschiena dei due ‘rampolli’ parigini che vogliono mostrare il davanti a chi di turno si porge per toglierli il fastidio di un’eiaculazione precoce mentre il povero cagnolino di casa stava trattenendo il preservativo del ‘bastardo’ di buona famiglia che, per l’arrivo sgradevole della consorte, non vede altra altra alternativa che buttare l’animale amico fuori dalla finestra (per nulla far scoprire alla moglie un po’ ‘scema’). Chi sa i registi tutti si sono sorbiti “I soliti idioti” (per il culo in mostra e le parolacce senza tristezza) più volte o altre simili amenità per cercare di tirar su il meglio (e anche altro) dal grande duo attoriale (stavo dicendo i soliti che per idioti si stanno sbellicando dalle risate…personalmente neanche una…che becera e invereconda tristezza…).
   Fermo da simili episodiche idiozie si deve (per obblighi redazionali personali..che non esistono) parlare dei due attori: Jean Dujardin (quello premiato come miglior attore per “The Artist”) e Gilles Lellouche che vestono parecchi personaggi con commiserevole pochezza d’intenti mentre le altre comparse (o comparsate) danno il meglio e il peggio (a seconda dei punti di vista). La regia multipla è fiacca e quasi priva di struttura narrativa, Che manchi il mordente in quasi tutto si era (forse) già capito. Tra i registi è da segnalare la presenza dell’ultimo Oscar Michel Hazanavicius: sopravvalutato o no, non si segnalano avvistamenti effettivi della sua presenza a questa ‘pregevole’ ultima sua opera (in grande compagnia di stile) (sic…).
   Ps.: l’escursione turistica-monetaria-femmina a Las Vegas è oltremodo risibile e degna di una pochezza strabiliante. Las Vegas val bene una…puntata (stavo per dire altro). Alla prossima (‘speremo di no…’).
   Voto: 4.
   (pubblicato su: icinemaniaci.blogspot)

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