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Bella addormentata

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Bella addormentata

di mc 5
10 stelle

Per dire quanto questo film sia "ingombrante" per me, non posso nascondere che fino a poche ore fa ero indeciso se mettere nero su bianco queste righe di commento. Il disagio che la visione mi ha comunicato è pari all'imbarazzo del sottoscritto nel cercare parole adeguate per il racconto di quelle immagini. Il tema, si sa, è di quelli delicatissimi. Storia e personaggi sono frutto della fantasia dello stesso regista (affiancato in sede di sceneggiatura da Veronica Raimo e dal veterano Stefano Rulli) ma l'evento centrale attorno al quale tutto ruota è tremendamente vero e drammatico, ed ebbe il suo tragico culmine in quel triste 9 febbraio 2009 in cui la povera Eluana Englaro morì dopo 17 lunghi anni di coma vegetativo, trascinando con sè una montagna di polemiche durissime, in gran parte sciaguratamente sfruttate da uno schieramento politico ben preciso, ciò che nel film è ben evidenziato, pur mascherato dietro i meccanismi narrativi della fiction. Quel che avvenne, e soprattutto l'indegna strumentalizzazione politica in nome di sbandierati quanto inopportuni e forzati principi moralistici legati alla fede religiosa, attiene alla sfera intima delle convinzioni di ciascuno di noi. E dunque vedere come la politica ingerì pesantemente nella triste vicenda di un padre prostrato, è qualcosa di sommamente amaro e io stesso provo sincera indignazione nell'evocare la vergogna di quei giorni. E voglio aggiungere che c'è un'immagine, scolpita indelebile nella mia memoria, che mi fa particolarmente male, e che nel film viene riproposta: il senatore PDL Quagliarello che in aula pronuncia, nelle ore più dolorose e scandendole con chiarezza, le seguenti parole "Eluana non è morta, l'hanno ammazzata." E all'indignazione si aggiunge la rabbia cieca se si pensa allo stesso senatore che, visto pochi giorni fa nel programma tv "Piazza Pulita" di "la 7", commentava quelle sue stesse parole farfugliando ed arrampicandosi sugli specchi. Certi politici hanno davvero la faccia come il culo, soprattutto se si pensa che lo stesso senatore citato (ora berlusconiano di ferro) in gioventù aveva militato nelle file del Partito Radicale. Il film è magnifico, Marco Bellocchio ha realizzato una delle sue opere più riuscite, ispirate e palpitanti d'emozione. E anche la critica lo ha accolto con favore, riconoscendone i meriti e muovendo solo qualche raro appunto. Tra questi ultimi va segnalato, in quanto ha goduto di particolare visibiltà, quello di Curzio Maltese su "Repubblica". Egli ha elogiato il film, ma gli ha mosso una critica espressa con un certo vigore, accusando in pratica il regista di "esserci andato troppo leggero". A mio avviso, posto che si tratta di critica accettabile, c'è un equivoco di fondo. Bellocchio non ha volutamente calcato la mano, perchè non era sua intenzione quella di allestire un atto d'accusa. Il regista intendeva mostrare una varietà di casi umani, assai differenti ma uniti da una problematica di vita e di morte, per poi indagare su come i vari personaggi sviluppano sul tema una loro analisi, più o meno complessa, da cui scaturiranno delle scelte definitive. E proprio qui sta il fascino, intellettuale ed umano, del film; nell' esplorare le diverse psicologie, e i rispettivi percorsi di consapevolezza, tra amori, affetti famigliari ed intime sofferenze. Un film, dunque, sulla fragilità dell'animo umano, sul dolore e sulla capacità a reagirvi, sul coraggio e la coerenza. Tutto questo e molto altro, ma in ogni caso, caro Maltese, non uno strumento d'accusa politica, la quale comunque emerge evidente dalle immagini pur senza agitarne la bandiera. C'è stata poi la polemica sullo scarso seguito avuto dal film presso i giurati del festival di Venezia. Polemica inutile, la Giuria ha sempre ragione, anche quando non ce l'ha. Diciamo che, semplicemente, i giurati di Venezia erano più contigui ad un altro "spirito" cinematografico (che, per inciso, non è il mio) e dunque faceva molto piu cool premiare il coreano di turno (detto con ironia ma senza offesa). Lasciamo perdere. Ma poi questo film deve esser nato sotto una cattiva stella, se anche il pubblico gli sta voltando le spalle (entrato nel box office nelle ultime posizioni, ne sta già uscendo). E qui mi scatta, umile ma cattiva, l'indignazione. Verso un popolo (il mio) che ha decretato i flop di "Diaz", "Romanzo di una strage" e "Acab". Italiani, massa di pecore ignoranti. Vi meritate i politici che avete (ahimè abbiamo). Ve li meritate tutti. Così come vi meritate i blockbuster per i quali sgomitate alle casse delle multisale. Degli attori e del cast parlerò più avanti, per ora voglio solo segnalare l'evidente effetto della conclamata abilità di Bellocchio nel dirigere i propri attori, spesso valorizzati attraverso intensi primi piani. Il film è asciuttissimo, di un rigore assoluto, non cede ad alcuna tentazione spettacolare, il che ne fa un prodotto compatto, di grande forza incisiva. Di che parla, nella sostanza? E' un film sul senso della Vita ma anche su quello della Morte. Se proprio vogliamo cogliervi un messaggio, non può essere che questo: la Vita in realtà è traducibile in un solo concetto. Essa non è quella cosa che Dio (e soltanto lui) ci dà e ci prende secondo criteri imperscrutabili a noi umani, ma è nella sostanza il BENE che noi desideriamo per chi ci è più caro, il destino migliore che noi vogliamo per coloro che amiamo. Perchè se qualcuno che amiamo profondamente si trovasse un giorno nelle condizioni di non poter più gestire la propria vita, chi deve farlo per lui? La Chiesa? il Papa? le suore? politici sciacalli? No, spetta a noi, che quella persona conosciamo ed amiamo più di noi stessi, noi che le trasmettiamo quotidiani flussi d'Amore. A questo punto sarebbe banale raccontare il film in forma di trama. Limitiamoci a configurarne l'essenziale. La pellicola ci propone tre storie differenti che procedono in parallelo ma senza mai incrociarsi. Una diva del cinema con una figlia in coma alla quale ha sacrificato la carriera e la vita, una ragazza tossica che cerca di autodistruggersi ma che trova sul proprio cammino un medico testardo che vuole salvarla ad ogni costo, e infine l'episodio decisamente più bello: un senatore del PDL in crisi di coscienza frustrato dall'opportunismo dei compagni di partito. Nessuno di questi personaggi è coinvolto direttamente nella vicenda Englaro, eppure ciascuno ne è in qualche modo influenzato e turbato. In particolare vorrei ricordare un paio di scene davvero magistrali, entrambe recanti al centro un clamoroso Toni Servillo. La prima vede Servillo dialogare, sullo sfondo straniante di una piscina termale, con uno psichiatra impersonato da un superbo Roberto Herlitzka. Ma la sequenza che mi ha emozionato è un'altra, quella in cui Servillo prepara in solitudine il discorso col quale rassegnerà le proprie dimissioni dal partito: durante quei pochi minuti l'espressività dell'attore assume un'intensità davvero da pelle d'oca. E concluderei con una semplice elenco del cast, spogliato di ogni ulteriore annotazione, perchè se dovessi soffermarmi sulle qualità di ogni singolo interprete non troverei aggettivi sufficienti a definirne il talento. Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa, Pier Giorgio Bellocchio, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Gianmarco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Gigio Morra. Per finire, mi sia concesso dedicare idealmente questo mio modesto scritto a Beppino Englaro, simbolo di coraggio e libertà, la cui dignità di padre pieno d'amore è stata umiliata e calpestata da politicanti opportunisti e squallidi.


Voto: 10

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