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Palombella rossa

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Palombella rossa

di Serum
7 stelle

Un Michele Apicella sotto amnesia (e anche abbastanza in stato confusionale) si accinge a giocare una partita insignificante per gli altri ma decisiva per lui. Più che la fine del Pci, quello che viene messo in scena è la spegnimento di un'epoca, e la dissociazione sociale che ne è seguita. Non a caso è l'ultimo film con Michele Apicella. Perché quelle sue ossessioni post-romantiche così vetuste, quelle compulsioni che non poteva fare a meno di esibire vergognosamente, ormai appartengono ad un fantasma (un sogno, un tradimento, un muro che crolla) così infarcito di tic che implode parkinsonianamente mettendo a nudo le sue paure e le sue debolezze una volta per tutte. Moretti gioca col pubblico qui come non aveva mai fatto nei film precedenti, gli si rivolge più o meno direttamente, lo attacca ed al contempo gli chiede comprensione. I personaggi più improbabili (giornalisti, allenatori, compagni di squadra, un uomo che urla, due tizi che conoscono la sua passione per i dolci) lo mettono all'angolo con domande a volte aggressive, a volte troppo complicate, a volte troppo stupide, altre volte semplicemente fuori contesto, e lui dà delle risposte afasicamente smozzicate (ma diventa incredibilmente energico quando deve sottolineare l'importanza delle parole che si usano). Naviga disperato nella nostalgia del suo passato cinematografico (i corti degli anni '70, il pugno alzato contro Il dottor Zivago), politico (l'aggressione al ragazzo fascista, le tribune televisive) e biografico (la palla a nuoto, le merendine con la cioccolata che non torneranno più). E non riuscendo a trovare una logica nella sua storia personale che riesca ad attenuare la confusione che lo pervade, fa il pazzo (scatena una rissa in acqua, corre urlando sul bordo piscina, schiaffeggia la giornalista, "canta" Battiato in diretta televisiva). Nemmeno i mentori che ognuno gli porta a conoscere (e che allo spettatore non possono che apparire comici) attenuano di un capello la sua condizione. E la conclusione della partita è sottintesa fin dai titoli di testa: lui in procinto di segnare quello che potrebbe essere il punto della vittoria, sbaglia facendo perdere la sua squadra. È un film a cui mi sento legato, come un po' a tutto il primo periodo di Moretti, ma devo dire che vederlo oggi fa uno strano effetto: al di là del fatto che è il più smaccatamente felliniano della sua filmografia (e non lo dico necessariamente con accezione positiva), ho la netta sensazione che chi dovesse approcciarvisi senza aver vissuto quel particolare periodo della storia italiana (o comunque senza aver respirato in casa, anche tramite racconti, l'atmosfera di quegli anni) lo troverà assolutamente incomprensibile (troppi riferimenti dati per scontati, troppi simbolismi che sottintendono la conoscenza di una cultura più o meno popolare ormai scomparsa), ed è un problema grosso se si considera che, inevitabilmente, tale eventualità si presenterà sempre più spesso.

 

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