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Gli anni in tasca

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su Gli anni in tasca

di dedo
8 stelle

“Dunque. Io so che state pensando tutti la stessa cosa e cioè a Julien Leclou.  Avrete visto i giornali, i vostri genitori ne avranno parlato fra di loro o con voi.  Domani ve ne andrete tutti in vacanza ed anch’io voglio parlarvi di Julien. Non è che sappia di Julien molto più di voi, ma voglio…voglio dirvi quello che penso. Se è vero quanto mi hanno detto, Julien sarà affidato all’assistenza pubblica e mandato presso una famiglia. In qualunque posto andrà starà certamente meglio che con sua madre e sua nonna, che lo trattavano male. Anzi per dirla chiaramente quelle donne lo picchiavano. Sua madre sarà privata della patria potestà, cioè non avrà più il diritto di occuparsi di lui. Io credo che per Julien la vera libertà comincerà sui 15-16 anni, quando sarà libero nei suoi movimenti. Di fronte ad una storia così terribile come quella di Julien, la nostra prima reazione è di paragonarci con lui.

 


Io ho avuto un’infanzia difficile, non tragica come quella di Julien, ma difficile e mi ricordo che ero molto impaziente di crescere, perché vedevo che gli adulti hanno tutti i diritti, possono decidere della propra vita. Un adulto infelice può ricominciare la vita altrove, ripartire da zero. Un bambino infelice nemmeno lo pensa. Sa di essere infelice, ma non può dare un nome a questa infelicità e soprattutto, dentro di lui, non può neanche mettere in discussione i genitori o gli adulti che lo fanno soffrire. Un bambino infelice, un bambino martire si sente sempre colpevole ed è questo che è orribile. Fra tutte le ingiustizie che ci sono al mondo, quelle che colpiscono i bambini sono le più ingiuste, le più ignobili, le più odiose. Il mondo non è giusto e forse non lo sarà mai, ma è necessario lottare perché vi sia giustizia. Bisogna…bisogna farlo. Le cose cambiano, ma lentamente, le cose migliorano, ma lentamente. Quelli che ci governano cominciano sempre i loro discorsi dicendo: ”il governo non cederà di fronte alle minacce”. Invece è il contrario: cede solo alle minacce e i cambiamenti si ottengono solo reclamandoli energicamente. Da qualche anno gli adulti hanno capito ed ottengono in piazza quello che gli si rifiuta negli uffici.





Vi dico tutto questo soltanto per dimostrarvi che gli adulti, quando lo vogliono veramente, possono migliorare la loro vita, migliorare il loro destino. Ma in tutte queste cose i bambini sono dimenticati. Non c’è nessun partito politico che si occupi veramente dei bambini, dei bambini come Julien, dei bambini come voi. Esiste una spiegazione: i bambini non sono elettori. Se i bambini avessero diritto al voto, voi potreste chieder più asili nido, più assistenti sociali, più di qualsiasi cosa e l’otterreste perché i deputati vorrebbero i vostri voti. Per esempio potreste ottenere di arrivare a scuola un’ora più tardi d’inverno, invece di arrivare che è ancora notte. Volevo anche dirvi che, proprio perché ho un brutto ricordo della mia infanzia, perché non mi piace di come ci si occupa dei bambini io ho scelto il lavoro che faccio, cioè insegnare. La vita non è facile, è dura ed è importante che diventiate forti per poterla affrontare. Io non vi spingo a diventare dei duri, ma dei forti. Per uno strano equilibrio quelli che hanno avuto un’infanzia difficile, sono più preparati ad affrontare la vita adulta di quelli che sono stati molto protetti, molto amati. Una specie di legge di compensazione. La vita è dura, ma anche bella: infatti ci teniamo molto. Basta essere costretti a letto da una influenza o da una gamba rotta per accorgersi di avere voglia di uscire, di andare a spasso, per accorgersi che la vita ci piace.

 


Bene. Fra poco partirete per le vacanze, conoscerete dei nuovi posti, della gente nuova e quando tornerete andrete in una classe superiore. A proposito l’anno prossimo le classi saranno miste. E poi vedrete: il tempo passa in fretta. Un giorno anche voi avrete dei bambini ed io spero che voi li amerete e loro vi ameranno. Anzi loro vi ameranno se voi li amerete, altrimenti rivolgeranno il loro amore, il loro affetto, la loro tenerezza su altra gente o su qualcos’altro. Perché, perché la vita è fatta così: non si può fare a meno di amare o di essere amati”





Questo è il saluto che il maestro Jean-Francois Richet (Jean-Francois Stévenin) rivolge alla sua classe, ampliata da quella della collega Chantal Petit (Chantal Mercier), alla fine dell’anno scolastico 74-75 nella scuola elementare di Thiers. Ma l’anno ed il luogo non hanno importanza. Richet è Truffaut. Le sue parole, le sue valutazioni e considerazioni sono valide in qualsiasi periodo e in qualsiasi cittadina. Il film compie un rapido excursus sul comportamento di molti ragazzi nel periodo pre-adolescenziale, descrivendone, con occhio affettuoso e benevolo, pregi e difetti, ma anche sui rapporti, spesso distanti o distratti di molti genitori e sulla diversità nella attività didattica: più vicina ai ragazzi da parte di Richet, più ufficiale e meno paziente quella della maestra Petit. Ne vengono fuori una serie di bozzetti ben delineati e definiti. Descrivendo la vita in una piccola comunità, ove sempre più difficile è separare la vita privata da quella pubblica ed i rapporti con la scuola, Truffout si confessa; c’è passato, se ne ricorda e ce la racconta. Sin dall’inizio i ragazzi si vedono sciamare verso la strada principale, gridando allegramente per la fine della scuola, attraverso gli stretti vicoli e le buie scalinate della cittadina di Thiers, come l’acqua dei ruscelli che confluisce nei fiumi. Quante volte abbiamo visto, da adulti, questo spettacolo di policromo e vivace conglomerato giovanile senza soffermarci, disattenti, spesso scocciati per il rumore o per essere stati costretti a fermare l’auto per evitare di metterne uno sotto. Invece Truffaut ne evidenzia tutta la vitalità e tutta la tenerezza che dovrebbero stimolarci. E’ evidente che lui li ama, gli è vicino e soprattutto li capisce, ripensando alla sua infanzia difficile, priva di affetto. Sono ragazzi che, come giovani alberelli, presentano già le gemme di una richiesta di maggiore libertà, di affrancamento magari parziale dalla disciplina imposta dai genitori, troppo spesso distratti o disattenti e dagli insegnanti, di una migliore disponibilità economica, di ancora confusi e mal definiti vigori sentimentali. Sono molti gli episodi riferiti ai giovani protagonisti ed in molti di questi, vedendo il film, siamo stati costretti ad andare indietro nel tempo e constatare quanti punti di contatto sono vividi nella nostra memoria riferita a tale età. Mi soffermo solo su quello relativo a Julien. Il ragazzo, inserito a fine anno scolastico, per motivi sociali, nella scuola dell’obbligo, è un solitario, mal vestito, non invogliato a partecipare alla vita scolastica, ma capace di avere invece un certo rapporto con i compagni. Non parla mai di se, anzi allontana chiunque si avvicina a casa sua. Non si lamenta, non si confida. Solo durante la obbligatoria visita medica scolastica si evidenziano i segni dei maltrattamenti subiti da parte della madre e della nonna. Trattandosi di un grave reato, la polizia ne viene avvisata e vengono presi i provvedimenti necessari. Il suo senso di dignità, oltraggiata e tradita da parte degli adulti che gli sono più vicini, gli impedisce ogni confidenza, gli impone, soffrendo, quella riservatezza tipica di un bambino che ancora non riesce a credere quanto gli sta succedendo. E questo ragazzo è appunto l’oggetto del discorso di addio del maestro Richet. Truffaut, senza ricorrere a stereotipi, pianamente, esaurientemente, ci presenta un quadro che dovrebbe farci riflettere. L’artista ci segnala la distanza che si interpone tra ragazzi e genitori od istituzioni, ma anche la sua speranza in un mondo migliore qualora gli adulti offrissero maggiore attenzione e disponibilità nei confronti dei minori. L’opera si avvale di un’ottima partecipazione dei ragazzi (impresa decisamente difficile) e di tutto il cast degli adulti, con particolare riferimento a Jean-Fracois Stévenin (il maestro Richet) e a Chantal Mercier (la maestra Petit). Scenografia ineccepibile e colonna sonora adeguata e supportante. Voto 8,5





Sulla colonna sonora

Adeguata e supportante

Cosa cambierei

Il softwere di ricevimento delle opinioni

Su François Truffaut

Una straordinaria capacità di comunicazione e, anche da un soggetto difficile, trarre un'opera di valore

Su Nicole Felix

Molto bravo

Su Chantal Mercier

La maestra Petit preoccupata di non aver capiito Julian. Brava

Su Jean-François Stévenin

Truffout nelle vesti del mite maestro Richet. Ottimo

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