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L'intervallo

Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su L'intervallo

di alan smithee
8 stelle

Eccoci tornati nella Gomorra napoletana, fatta anche di mestieri improvvisati e spiccato spirito di adattamento: basta un panetto di ghiaccio, un succo di limone, un carrello fatiscente da attaccare ad uno scooter, e via a vendere 1 euro di granita ai peccatori dissetati dei quartieri piu' devastati di una Napoli non proprio da cartolina. Salvo poi abbandonare tutto per fare un favore al boss del quartiere, che chiede al Salvatore, il grassoccio giovane protagonista di questa bella sorpresa veneziana, di "controllare" fino al suo ritorno una sua coetanea, la disinvolta Veronica, portata nei pressi di uno stabile fatiscente ed abbandonato, in attesa di qualcosa di non ben definito. Il ragazzo obbedisce, naturalmente, che puo' fare di fronte ad un ordine di un boss, seppur giovane e probabilmente alle prime armi? Porta dunque la giovane ai piani superiori, tra immondizia, polvere e abbandono, e cerca di instaurare con lei un rapporto quanto meno di cordialita', senza dimenticare che ogni intoppo o incidente potrebbe costargli caro. Veronica non e' un tipo molto arrendevole, e pensa che Salvatore conosca i motivi per cui e' stata segregata tra quello squallore. Per questo motivo uno stato emotivo di tensione caratterizza i rapporti iniziali tra i due giovani, che tuttavia a poco a poco cominciano a fidarsi uno dell'altro e ad aprirsi reciprocamente in prudenti confidenze, aneddoti, racconti.
Una bella conduzione narrativa quella scelta da Di Costanzo, che deliberatamente non si concede a spiegazioni prima del tempo e lascia che lo spettatore capisca le cose, comprenda le motivazioni (se cosi' si possono definire) in concomitanza con la percezione dei due naturali e credibili pretagonisti, che passano da un confronto serrato ad una confidenza complice che appassiona ed intenerisce.
I momenti forti arrivano in un crescendo emotivo in cui lo spettatore si chiede davvero cosa abbia combinato la ragazza per meritare questa lezione fatta di segregazione e costrizione; e quando sul tetto dell'edificio la giovane prende la mira come per sparare al barista che vieta a Salvatore di vendergli le granite davanti al suo locale, il discorso finisce per virare su chi si vorrebbe ammazzare o meno. Salvatore e' un candido, l'avevamo gia' capito: lui non vorrebbe eliminare nessuno; ci pensasse un terremoto o una epidemia. Veronica, segnata da quel suo carattere ribelle ("faccio sempre il contrario di quello che mi si dice, e' piu' forte di me e poi mi metto sempre nei guai"), vorrebbe togliersi lo sfizio di eliminare qualche anima che le ha reso difficile la vita: ma sara' proprio lei la prima a cedere ad un compromesso, che e' lo stesso principio che regola l'omerta' dilagante di un territorio sempre piu' distante dalle regole di un Paese che lo annette ma che non lo governa piu'.
Eccezionale prova di due protagonisti giovani e veraci, efficaci e straordinari nella verosimiglianza fisica e caratteriale con i personaggi che interpretano: lo sguardo intenso e bellissimo degli occhioni smarriti di Salvatore fa da contrasto al volto severo e segnato dalla diffidenza e dalla ribellione di Veronica, mentre i loro corpi apparentemente sgraziati e ancora in cerca di definizione finiscono per essere la sola armonia accettabile di uno scenario da incubo metropolitano che definiremmo di fantascienza, se non fosse l'abituale teatro di tante nefaste cronache di un massacro senza fine e di una faida che non presenta soluzioni all'orizzonte.

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