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Gebo e l'ombra

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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La recensione su Gebo e l'ombra

di mm40
6 stelle

E' a tutti gli effetti clamoroso - portentosamente clamoroso - come un film del genere, nel 2012, sia potuto arrivarci da un regista 104enne. De Oliveira, che è anche sceneggiatore del testo teatrale originale di Raul Brandao (del 1923!), mette in scena la crisi contemporanea adattando una storia sempreverde con pochi personaggi, sparuti dialoghi e azione quasi nulla. E' il cinema, insomma, di De Oliveira, forse l'ultimo esteta degno di tale nome nella settima arte, compositore di inquadrature prima ancora che 'regista' in senso lato; assecondando i rigidi dettami della sua vena artistica, il Maestro portoghese racconta in via metaforica l'attuale situazione europea e lo fa con un tocco tanto leggero da apparire quasi inconsistente. Il denaro è la rovina del genere umano, è ciò che lo condanna a peccare, a tradire e a penare: morale antichissima, certo, ma tremendamente attuale. Rari i cambi di scena, minimi i movimenti di macchina; colori scuri ma vivaci, interpreti al comando e passaggi, nei dialoghi, che sono vere e proprie sentenze; Gebo e l'ombra è la parabola di un sofferente contrasto del tutto umano fra gioventù e vecchiaia, fra azione e riflessione, fra violenza e perdono, fra impulso e saggezza. Gli interpreti sono a dir poco sensazionali: Michael Lonsdale, Claudia Cardinale, Jeanne Moreau, Ricardo Trepa, Luis Miguel Cintra; per quanto il ruolo di protagonista spetti quantitativamente a Lonsdale/Gebo, l'ombra del titolo (cioè Joao/Trepa) non è da meno in quanto a peso qualitativo sui fini dell'opera. Anche perchè quest'ombra rappresenta, più che una proiezione del sè, un peso che si è destinati a portare, una pena da scontare per la (tutt'altro che) semplice condizione di uomini; Joao è ciò che Gebo non si è mai potuto permettere di essere, è una sua prospettiva giovanile irrisolta tramutatasi in sprezzante, caustica realtà: ed ecco che, ancora una volta, De Oliveira ci ricorda l'ardua sfida a cui siamo chiamati nell'invecchiare e nel recare con noi il sempre più gravoso fardello della memoria. 6,5/10.

Sulla trama

Fine Ottocento. Il vecchio Gebo lavora notte e giorno come contabile, sfidando gli acciacchi, l'inverno e l'angoscia che convidide con la moglie e la nuora per il destino di suo figlio Joao. Proprio quest'ultimo un giorno torna a casa; Gebo sa che il ragazzo si è dato alla macchia dopo alcuni furti eppure non fa nulla per salvaguardare il capitale che custodisce in casa.

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