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Shark 3D

Regia di Kimble Rendall vedi scheda film

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La recensione su Shark 3D

di mc 5
4 stelle

Vedendo quel manifesto così suggestivo nell'alimentare un'idea di teen horror movie scanzonato, ironico e piacevolmente estremo, non ho potuto resistere e sono andato a vederlo. Convinto che avrei ripetuto l'esperienza tutto sommato divertente di un paio di anni fa, quando l'ottimo Alexandre Aja portò sugli schermi un pimpante remake dal titolo di "Piranha 3d". Intendiamoci, un filmetto da popcorn e cocacola, ma felicemente giovanilista, con le bonazze che ballavano la techno sulla spiaggia in attesa d'esser divorate dai pesci carnivori. Per farla breve, tanto il film di Aja era scoppiettante e follemente splatter, quanto quest'opera di produzione australiana è fiacca, sciapa e sfiatata. Ma potrei cavarmela ancor più semplicemente dicendo che è un film tristissimo. Punto. Che poi è strano, perchè il film ha un inizio che promette spiagge, bikini e giovani con fisico da surfisti, ma dopo neanche un quarto d'ora siamo già piombati nella tragedia e ci resteremo per quasi un'ora e mezza (un'ora e mezza che non finisce più). Insomma, mi aspettavo uno di quei teen horror impregnati di spirito da B-movie, un delirio giovanile di cinema di genere di quello che ti permette di staccare la spina (o il cervello) e distrarti all'insegna del disimpegno più sfacciato. E invece si tratta di un prodotto che si prende terribilmente sul serio, sia a livello horror sia a livello dei siparietti romantico-sentimentali che affiorano ridicoli qua e là. Quando si mette in scena una storia così estrema è necessario condirla con un po' di ironia, sennò si rischia l'umorismo involontario, questo lo capisce anche un bambino. E invece no, qui hanno scelto di terrorizzare e basta. Con risultati a mio avviso ben poco credibili. A cominciare da una storia che si muove all'insegna dell'inverosimiglianza. A questo aggiungiamo una sceneggiatura che si affida a caratterizzazioni stereotipate e prevedibili. Ogni personaggio è, come è logico, un caso umano a sè: peccato che nessuno di questi ruoli abbia una consistenza sufficientemente solida da poterne giustificare le scelte, le decisioni, le mosse. Per tacere poi della vicenda sentimentale che lega la coppia protagonista sviluppata con toni da melodramma teen. Il film ha un suo breve prologo (che, come accennavo, non è affatto da buttare) ma poi sprofonda quasi subito nel dramma più fosco. E qui sta il problema. Io posso intuire che l'intenzione degli sceneggiatori fosse quella di mantenere una tensione costante fino alla fine, ma trascinare il racconto per un'ora e un quarto nella stessa soffocante location, sotto la permanente minaccia di un terribile squalo bianco, circondati solo dall'acqua, beh tutti questi elementi reiterati e riproposti senza via d'uscita, alla fine generano un senso di claustrofobia talmente opprimente e disturbante da irritare anche lo spettatore più paziente. E dunque la missione di far appassionare il pubblico alle tragiche quanto precarie sorti dei protagonisti fallisce miseramente. Ma, dopo aver insistito su uno script labile e prevedibile, una precisazione va comunque fatta: la responsabilità del cast è minima. Non che si tratti di interpretazioni memorabili, ma un po' tutti gli attori se la cavano dignitosamente e ciascuno assolve al proprio compito con diligenza, purtroppo penalizzati da un copione evidentemente discutibile. Quanto alla vicenda, è sintetizzabile in due righe. Un gruppo variamente assortito di persone si trova asserragliato in un supermercato invaso dalle acque dopo che uno tsunami ha investito la città. Acque nelle quali vaga un affamatissimo squalo che manda ciascuno dei personaggi fuori di testa. Quel che segue è esattamente ciò che ogni essere pensante può immaginare: corpi dilaniati, qualcuno che trova della dinamite, qualcuno che si sacrifica, qualcun altro che tenta di fregare i compagni, etc etc. Una nota che mi aveva incuriosito e anche, lo confesso, predisposto bene alla visione, riguarda i trascorsi del regista Kimble Rendall, che fu co-fondatore nonchè chitarrista del formidabile gruppo australiano Hoodoo Gurus, seminale band di rock'n'roll disciolta ormai da anni. E vorrei concludere raccontando l'unica sequenza veramente efficace, quella (dura mezzo secondo) che precede i titoli di coda. E non è spoiler, che in un film scontato come questo c'è poco da spoilerare. Immaginatevi una panoramica sulle macerie del post-tsunami, i sopravvissuti lacerati e stremati, peraltro reduci dal confronto col famigerato squalo. La macchina da presa sposta l'obbiettivo sulle onde del mare. Un uccello (che presumo essere un gabbiano) si leva in volo poi si abbassa sfiorando le onde. L'obbiettivo ne segue la traiettoria. A quel punto zompa fuori dall'acqua lo squalo, che in un nanosecondo si pappa il gabbiano. Manca solo il ruttino. Titoli di coda.


Voto: 4

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