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Il padre della sposa

Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film

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La recensione su Il padre della sposa

di champagne1
8 stelle

Un figlio è mio figlio finché non trova moglie, ma una figlia è mia per tutta la vita.

E' incredibile come questa deliziosa commedia di Vincente Minnelli continui a catturare l'attenzione  ogni volta che la si guardi e soprattutto riesca a dire ogni volta qualcosa di nuovo. I suoi caratteri sono tanto universali e la storia così vera che lo spettatore nel corso degli anni non fatica a immedesimarsi prima nel ruolo dei fidanzatini innamorati, poi in quello degli amici e parenti invitati, infine in quello dei genitori.

E non mi riferisco certo al matrimonio in quanto tale, alla festa cerimoniale, alle spese e ai problemi organizzativi (anche a quelli, ma sono un dettaglio): penso soprattutto al tema della separazione dei ragazzi dalla famiglia di origine nel proprio percorso di autonomizzazione pieno di entusiasmo e qualche nostalgia; penso al senso di perdita che prova il genitore rispetto all'idea del suo ruolo e all'improvvisa sensazione di non poter essere più utile come prima; penso alla sindrome del nido vuoto che introduce le persone a una fase diversa dell'esistenza, talora all'anticamera della vecchiaia.

Spencer Tracy è il protagonista assoluto del film, che riesce a dare uno spessore al suo personaggio sin dalle prime battute: un

uomo sicuramente valente nella sua professione, ma che una volta a casa sembra preda degli eventi che lui si sforza di governare, salvo accorgersi di avere un potere decisionale pari a zero. Fanfarone e parolaio, ma inconcludente; ansioso e perfido ("chissà perché quando scarichi la tua ansia su un altro, improvvisamente ti senti più leggero!"), ma in fondo buono d'animo; insomma scorza dura intorno a un nocciolo tenerissimo. La massima dimostrazione la si ha il giorno della festa di fidanzamento e del discorso così accuratemente preparato che poi però non riesce a pronunciare, rintanato tutto il tempo a preparare improbabili cocktail, dopo che le sue previsioni sul consumo di Martini risultano essere del tutto errate.

Le sue battute e ancora più le sue smorfie sono qualcosa di imperdibile e che, con un tono più drammatico e meno scanzonato, riuscirà a riprendere 17 anni dopo in "Indovina chi viene a cena?", suo ultimo film prima della morte. Per entrambe queste pellicole egli ricevette la nomination come miglior attore agli Oscar, senza tuttavia vincere l'ambita statuetta. Il premio in realtà l'aveva ricevuto non una ma bensì due volte, ma per due opere giovanili: egli conserva il record di ben nove nomination (a pari merito con Lawrence Olivier) a dimostrazione della sua popolarità e bravura, pur senza raggiungere la soddisfazione di vincerlo negli anni maturi della sua carriera.

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