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Qualcosa nell'aria

Regia di Olivier Assayas vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Qualcosa nell'aria

di alan smithee
8 stelle

Per una volta un titolo italiano coerente, appropriato, non stupido o fuorviante. Si perché “qualcosa nell’aria” è ciò che si sente “après mai”, dopo maggio (titolo francese originale): un mese fervido e molto propenso a risvegliare gli animi, le coscienza, la voglia di libertà e la rivendicazione dei propri diritti. Non penso sia un caso che questa stagione del ”risveglio” della natura, dei sensi, delle proprie coscienze, abbia caratterizzato altre fondamentali manifestazioni e rivolte politiche e culturali, quali la cosiddetta “primavera araba” delle cronache non lontane.

Qui nel bellissimo film di Assayas ci troviamo a ridosso della rivoluzione studentesca parigina del ’68: il film è sorprendente per la vitalità di cui si nutre, per l’efficacia delle ambientazioni che così bene si esprimono nelle magnifiche drammatiche scene degli scontri tra polizia e i giovani ribelli ad inizio film. Ma pure per l’intensità intima che trapela dai viso perennemente impensierito del protagonista (non può che essere la personificazione dello stesso Assayas considerata l’intensità autobiografica del ruolo così perfettamente reso dal bravissimo schivo giovane attore esordiente Clement Metayer), attorno al quale si circondano due diversamente seducenti muse ispiratrici: una più passionale e carnale (l’algida esordiente Carole Combes una nuova ed altrettanto statuaria Milla Jovovich, volto e corpo spigoloso molto fashion, molto anni ’70, di una naturalezza falsamente trasandata), veicolo d’amore esplicito e dirompente; l’altra (Lola Creton, bellezza schiva e timida già apprezzata in un paio di film), più impegnata per la causa, personifica piuttosto la passione per il proprio ideale, la forza inesauribile della militanza per una causa che non può essere soffocata dalla repressione delle istituzioni cieche e sorde.

Un viaggio, una fuga verso un Italia bella, schietta e seducente come una cartolina patinata (ma il cui splendore abbacinante non soffoca la storia né si ritorce in modo alcuno sull’esito della vicenda ben condotta e diretta mirabilmente) fa da sfondo ad un percorso di esperienze formative fondamentali e ad una maturazione interiore da parte dell’intenso protagonista, pittore ispirato e dal tratto sicuro e anticonformista, che tuttavia trova poco a poco nella via della rappresentazione cinematografica il linguaggio espressivo più consono per comunicare con l’esterno ed esprimere la sua arte.

Assayas è un autore che ha il dono di saper appassionare i suoi spettatori, sia che ci narri con mirabile perizia le vicende di un pericoloso narcotrafficante sudamericano, senza vergognarsi di trasformarlo in un eroe, sia che si dedichi a rendere omaggio alle ceneri di un cinema degli albori con le sue eroine fantasmagoriche (mi riferisco a quello che considero il suo capolavoro assoluto, il misconosciuto Irma Vep), rese indimenticabili dall’interpretazione “stordente” della sua ex-musa Maggie Cheung. Sia, come in questo caso, che torni indietro alla propria gioventù di ragazzo che pensa, si indigna, e poi agisce per far valere i principi cardine in cui crede.

Oggi la grave situazione economica che sta piegando l’intera economia globale riesce ancora ad accendere movimenti di indignazione che contrastino (o almeno ci provino) certe lobby senza scrupoli né ritegno che fagocitano senza tregua risorse e ricchezze distruggendo valore e operatività.

Tuttavia sempre più si ha l’impressione che sia la classe dei 30/40enni che si mobilita, perché senza lavoro o in pericolo di disoccupazione. I giovani di oggi sembrano, salvo le doverose eccezioni, come rassegnati o quantomeno si stenta a riconoscere nei loro visi la scintilla vitale che animava i diciottenni del ’68: una spinta che spesso generava in atti di vandalismo sconclusionati e fini a se stessi, ma che testimoniava almeno l’orgoglio di voler pensare con la propria testa senza piegarsi impotenti sotto il giogo dei soliti burattinai.

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