Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Torna, dopo due battute a vuoto, il miglior Tarantino in una storia che ancora una volta affonda le sue radici nel cinema di genere italiano anni '60. Memorabili alcuni scambi tra Christoph Waltz e Jamie Foxx; perfetto Samuel Jackson.
Dopo aver preso due fregature di fila avevo giurato a me stesso di non pagare altri biglietti del cinema per film di Tarantino. E così quando “Django Unchained” è uscito nei cinema nel gennaio 2013 ho ignorato consigli e buone recensioni e me ne sono tenuto alla larga. E solo ora ho capito di aver così preso la terza fregatura di fila, perché l'ultimo lavoro del genio malefico Quentin mi ha assolutamente affascinato. La folta produzione italiana anni '60/'70 gli ha ancora una volta fornito lo spunto. “Quel maledetto treno blindato” per “Inglorious Basterds”, il “Django” di Sergio Corbucci/Franco Nero questa volta. Certo nel primo abbinamento le similitudini fra i due titoli sono molto più marcate, qui -comparsata di Franco Nero a parte- stanno solo nel nome, nella canzone dei titoli di testa e nello spirito di vendetta che pervade entrambe le pellicole. Dialoghi e situazioni surreali sono tornate a farla da padrone, nella miglior tradizione tarantiniana, con alcuni scambi di battute Foxx - Waltz davvero memorabili. Fra gli interpreti mi ha colpito soprattutto quest'ultimo, eguagliato solo da un Samuel Jackson perfetto nel ruolo dell'oleoso lacché. Resto ora però col dubbio su quale fregatura prendere al prossimo film di Tarantino: andare a vedere una cazzata o perdermi un capolavoro?
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