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Django Unchained

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Django Unchained

di maghella
4 stelle

Mentre vedevo “Django Unchained” mi sono distratta più volte, in una di queste volte mi è tornato in mente di quando ero piccina. Quando ero piccina, dopo aver visto un film western, andavo immediatamente a giocare nella mia camerina con i soldatini. Nella prima mezz'ora il gioco rimaneva fedele al film appena visto: buoni, cattivi, obiettivo da raggiungere, sparatorie e attacchi vari... poi il gioco mi prendeva talmente la mano che immancabilmente aggiungevo e aggiungevo cose: entravano in campo barbie, robot, playmobil, costruzioni lego ecc ecc... e alla fine non si capiva più quale era il gioco iniziale, sarei potuta andare avanti per ore e ore, solitamente l'ora di cena mi interrompeva e metteva la parola “The End” a tutto. Ecco, il nuovo film di Tarantino mi è sembrato uno di quei giochi che facevo io da piccina: un insieme di trame e personaggi, sparatorie e dialoghi che alla lunga mi hanno pure annoiata.

Tarantino è un fedele appassionato del nostro bel cinema italiano anni '70, commedie, gialli e western, per questo suo ultimo lavoro si è ispirato al famoso film di Corbucci “Django” (appunto) interpretato da Franco Nero, che in “Django Unchained” fa pure un divertente (davvero divertente) cammeo. Ma del Django originario questo di Tarantino porta solo il nome, poi della storia (o delle storie) del film poco riprende. Il Django (Jamie Foxx) di Tarantino è di colore, uno schiavo comprato e poi liberato da un cacciatore di taglie, il dottor King Schulz (Cristoph Waltz), con il quale intraprende per la prima parte del film la carriera di cacciatore di taglie. Perciò la prima parte del film è un film con una certa trama, un tot di morti ammazzati, un tot di scenette che risultano forzatamente ridicole o comiche. Gli Stati Uniti d'America della metà dell'800 viene raccontata attraversando le piantagioni del sud, dove un “negro a cavallo” è visto più o meno come un alieno, quindi i personaggi sono più o meno così: bianchi cattivi o bifolchi, negri stupidotti e schiavi. Solo Django e il dottor Schulz (che è infatti tedesco) emergono da tutta questa ignoranza, giustiziando i cattivoni e portando a casa dei bei soldoni. Nella seconda parte del film c'è un'altro film: Django deve liberare la moglie schiava, comprata da un certo Calvin Candie (Leonardo Di Caprio), che si occupa di combattimenti tra mandinghi... e qui si tira in ballo tutto un piano (palloso) su come imbrogliare Candie per comprare a poco prezzo la moglie di Django, ma non hanno fatto i conti con uno schiavo negro cattivissimo e astuto: Steven (Samuel L. Jackson), che scopre tutto...e bla, bla, bla... Ovviamente sparatorie truculente, scene crude, sangue a iosa e tutte quelle cose che hanno reso famoso Tarantino, ma che qui, a mio parere, sono risultate forzate e messe un po' a caso ovunque. Oltrettutto Tarantino deve sapere che una buona regola del western all'italiana è che dopo la sparatoria finale (o duello finale) non ne può seguire una seconda dopo quasi venti minuti. La sparatoria deve essere definitiva, e se rimangono i due protagonisti antagonisti vivi ci può essere al massimo un duello... ma mai un ulteriore spargimento di sangue. Il vero western finisce solitamente o con la morte del protagonista o con una battuta finale esemplare sempre del protagonista (Sergio Leone insegna: “mi sembrava che ne mancasse uno”- “Per qualche dollaro in più”-1965-). Django Unchained è un insieme di tante storie, con un montaggio (che è sempre stato un punto di forza di Tarantino) lento e pesante. Il film è troppo lungo, le scene che dovevano essere divertenti risultano in qualche caso anche fuori luogo e pesanti. Se in “Bastardi senza gloria” i nazisti incarnavano i cattivi per eccellenza, senza se e senza ma, nonostante un Hitler ridicolo, i bianchi schiavisti nono riescono a sembrare tanto cattivi, anche perché i negri schiavi o sono dipinti come stupidi o come scaltri, quindi ho fatto fatica a trovare un vero senso di empatia con la loro parte. Django non incarna l'eroe, non si partecipa al suo desiderio di vendetta, non come era successo per la protagonista di “Bastardi senza gloria”, la sua storia con la moglie viene appena abbozzata in qualche immagine da cartolina, davvero poco convincente.

Rimane bella la fotografia, simpatico qualche personaggio, divertenti un paio di scene, ma poco altro. Orribile la canzone di Ennio Morricone “Ancora qui” cantata da Elisa, fuori luogo e fastidiosa. Mi ha fatto piacere invece leggere tra i titoli di coda la presenza di Tom Savini, il famoso creatore di effetti speciali, che però nel film non ho riconosciuto.

Preciso che mi piace Tarantino, mi è sempre piaciuto fin da “Le iene”, l'ho adorato con “Pulp Fiction”, ammirato con “Jackie Brown”, mi deluse molto con “Kill Bill”, per “protesta” non ho visto “Kill Bill 2”, ci avevo fatto pace con “Bastardi senza gloria”, con “Django Ubchained” mi ci sono di nuovo litigata... da come è finito il film sono sicura che arriverà un Django 2.... che io nuovamente non vedrò per protesta... ma ancora mi sto distraendo, proprio come facevo nei miei giochi da piccina.

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