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Sister

Regia di Ursula Meier vedi scheda film

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La recensione su Sister

di supadany
8 stelle

Dopo il metaforico e suggestivo “Home” Ursula Meier supera la classica prova del nove con questa sua opera seconda che riprende i tratti di dardenniana memoria aggiungendoci qualcosa di suo, di quello che aveva già fatto vedere di possedere, ovvero un talento non convenzionale con la volontà di fare scelte ardue, soprattutto non per caso, ma anzi con la consapevolezza che in pochi possiedono e manifestano.

Simon (Kacey Mottet Klein) è un ragazzino povero che (soprav)vive insieme alla sorella Louise (Lea Seydoux) in una palazzina popolare ai piedi delle montagne svizzere frequentate da turisti che non hanno certo i loro problemi economici.

Visto che la sorella maggiore non riesce ad avere un reddito fisso si adopera in furti di materiale da sci che rivende per procurarsi il necessario per sopravvivere.

Ma soprattutto tra i due c’è un rapporto di repulsione-unione che nasconde un segreto.

Opera segnata da un legame unico incastonato in una storia di vita difficile con due figure ottimamente delineate dagli interpreti (strepitoso il ragazzino, mentre Lea Seydoux dimostra ancora una volta una vera e propria predilezione per i ruoli fuori controllo) che sembrano affondarsi a vicenda per poi ritrovarsi senza riuscire a migliorare la propria condizione, ma sempre disposti a perdonarsi reciprocamente anche quando tutto pare definitivamente compromesso.

E d’altronde dietro a tutto si cela un segreto, una sorta di arma speciale dello script, che spacca in due il modo di percepire la vicenda (con tanto di passaggio intermedio che lascia ancora un momentaneo dubbio) che dal suo canto alterna anfratti durissimi (i comportamenti da giovane ladruncolo di Simon, il suo linguaggio scurrile, la sua sicurezza nel mettere in atto le sue azioni ed il rischio, sempre dietro l’angolo, di finire nei guai) ad altri che nello sconforto di fondo riescono anche a scaldare il cuore con i gesti più semplici del mondo.

 

 

Indeterminato il finale con un incrocio di chi si perde e si ritrova, probabilmente destinato a farlo ancora per natura e condizione, che metaforicamente richiama suggestioni profonde come la Meier aveva ampiamente già dimostrato di saper fare.

Un film dunque meritevole, segnato da pulsioni, desideri, gelosia, affetto (e ricerca dello stesso), d’altronde non ci sono soldi che tengano di fronte alla possibilità di aver qualcuno che ti vuole bene.

Inseparabili.

 

Ursula Meier

Conferma di possedere un bel talento affondando in una storia più concreta della precedente, ma non per questo priva di originalità.

Brava.

Léa Seydoux

Il personaggio le si addice e anche per questo non fatica affatto per risultare credibile peraltro con una naturalezza non convenzionale.

Brava.

Kacey Mottet Klein

Ragazzino molto sveglio che rende bene un ruolo tumultuoso anche grazie ad una (doppia) buona guida (la Meier alla regia e la Seydoux in scena).

Decisamente bravo.

Gillian Anderson

Piccolo ruolo insolito per lei, ma delineato come si deve.

Più che sufficiente.

Martin Compston

Piuttosto efficace.

Jean-François Stévenin

Pienamente sufficiente nel ruolo dello chef della struttura dove Simon nasconde momentaneamente la sua mercanzia rubata.

Yann Trégouët

Sufficiente.

Magne-Håvard Brekke

Nei panni di uno sciatore che scopre il ragazzino mentre lo deruba.

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