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Mud

Regia di Jeff Nichols vedi scheda film

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La recensione su Mud

di giancarlo visitilli
7 stelle

Il regista più giovane, con già alle spalle due premi Oscar, Jeff Nichols, torna a raccontarci le storie di un’umanità alla deriva, ma ancora capace di “fidarsi dell’amore”. Nonostante tutto.

Mud, infatti, narra l’avventura di due adolescenti, Ellis e il suo amico Neckbone, che incontrano un uomo di nome Mud, nascosto su una piccola isola del Mississippi. L’uomo, che vive su un’insolita casa e ad altezze strane, racconta ai due ragazzi il retroscena della sua vita, per cui è in fuga: ha ucciso un uomo in Texas e dei cacciatori di taglie lo stanno ora cercando per regolare i conti. Ma la parte più interessante della vita di Mud è la sua ricerca, da ricercato, a sua volta. Vuole ritrovare l’amore della sua vita, Juniper, per fuggire con lei. Allora, Ellis e Neckbone decidono di aiutarlo. Non passerà molto tempo, però, affinché alcuni desideri di Mud si avverino, fra tante disavvedute e sotterfugi, mentre la cittadina é assediata da un gruppo di cacciatori di taglie, al seguito di una ragazza.

Tante sono le chiavi di lettura di Mud. Un po’ tutte richiamano quelle già abbondantemente affrontate negli altri meravigliosi film dello stesso regista, da Shotgun stories che affrontava il tema della vendetta, a Take Shelter quello della paura. In Mud predomina l’amore, che conosce vendette, paure e incertezze. La ricerca dell’amore da parte di Ellis (interpretato dal giovanissimo Tye Sheridan in stato di grazia) diventa emblema di quello che già è mancato nella vita di altre persone, adulte, che accompagnano i suoi passi: tutti vivono la mancanza di punti di riferimento. Mancano figure genitoriali degne di essere definite tali, l’amore, in tutti gli stadi e le età, è sincopato, mai definito e definitivo. Eppure Ellis sarà morso, non solo da quell’animale che “Dio ha creato per spaventarci”, ma dall’amore. Sarà questo a cambiare definitivamente la sua vita e quella anche di chi crede che, prima o poi, la terra possa diventare come un mare navigabile, utile per andare e ammirare la bellezza dell’infinito. Perché, fino a che si è in terra, si è costretti a cercare quel che resta della vita e dell’amore, tra il fango e le acque torbide dell’esistenza.   

Nichols ricorda tanto Malick. Utilizza decine di inquadrature che dipingono una natura sempre instabile, case disabitate, ma solo momentaneamente, nell’attesa di qualcuno che possa arrivare, perché le finestre sono aperte e le tende non riescono ad evitare la speranza del raggio di sole, che prima o poi, potrà illuminare le tante solitudine che abitano quello stesso luogo ch’è un fiume. Tutti i personaggi del film, piccoli e grandi, utilizzano l’unica bussola possibile per raggiungere il loro stato di sopravvivenza utile a garantirsi quel pizzico d’amore ch’è per ognuno: la passione. E’ questa che muove tutti, cacciatori e prede, vittime e carnefici.   

Nichols si affida ad un gruppo di attori di una bravura stupefacente: da un grande Matthew McConaughey, che dopo l’Oscar per Dallas Buyers Club, mostra la sua eccellente capacità di adattamento ad ogni ruolo, fino alla protagonista femminile, un’enigmatica Reese Witherspoon. Una rivelazione i due giovanissimi attori protagonisti, con un già conosciutissimo Tye Sheridan e Jacob Lofland, alla sua prima volta sul grande schermo. Intelligente e niente affatto scontato l’utilizzo di un commento sonoro, quasi sussurrato, appena accennato, perché tutto è già nelle meravigliose immagini, per mezzo anche di una bella direzione della fotografia.  

Le uniche pecche del film sono una certa lentezza e una troppa fortuita presenza di incontri casuali. Nonostante ciò, e lo sviluppo della storia abbastanza semplice e lineare, dall’inizio alla fine, la tensione cresce e lascia sempre tutti, attori e spettatori in uno stato di sospensione. Lì dove è tutto più bello, perché non è detto che ci si possa incontrare e niente è più facile che pensare ad un cielo navigabile come le acque di un torbido fiume.

 

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