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Otello

Regia di Orson Welles vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Otello

di Marcello del Campo
10 stelle

Macbeth è l’ultimo film americano (del decennio 1947-1957) di Orson Welles che per ragioni fiscali è costretto ad abbandonare l’America. Nel 1948 arriva in Europa e a parte brevi parentesi in patria, vi resta fino al 1957.

In questi dieci anni sostiene incredibili ritmi di lavoro: dirige tre film (Othello nel 1952; Don Chisciotte nel 1953 che resta misteriosamente incompiuto e Rapporto confidenziale nel 1955), ne interpreta dodici (tra i quali Il terzo uomo nel 1949 di Carol Reed e L’uomo la bestia e la virtù di Steno nel 1953), realizza sei regie teatrali, tre serie radiofoniche, spettacoli di danza e un numero di magia alla Corte d’Inghilterra, pubblica due romanzi, (uno dei quali è Mr Arkadin), due commedie, racconti di fantascienza, articoli su riviste, prefazioni a libri. Riesce così con dura fatica a guadagnare denaro per realizzare i suoi progetti.

Finalmente nel 1952 porta a termine Othello, girato in tre faticosi anni tra l’Italia (Studi Scalera a Roma con esterni a Venezia, in Toscana, Viterbo, Perugia, Isola di Torcello) e il Marocco (Mogadir, Sali, Mazagan). Il film presentato il maggio di quell’anno al Festival di Cannes ottiene il Grand Prix ex aequo con Due soldi di speranza di Renatò Castellani. Il film-Odissea Othello anche se risente delle difficoltà di produzione, quanto a omogeneità è un capolavoro ispirato. Welles si circondò di collaboratori molto capaci fra cui Michael Mac Lammoir (vecchio amico e maestro) che diede vita a uno Jago straripante e feroce la cui diabolica natura è originata da un’irrisolta sessualità malata. Sazanne Cloutier (Desdemona) in alcune scene è sostituita da Betsy Blair e da Lea Padovani; Joseph Cotten appare nelle vesti di un senatore. Le musiche della colonna sonora sono affidate a Francesco Lavagnino.

Quanto al rapporto Shakespeare-Welles molti trovano confuse e teatrali le trascrizioni wellesiane. Sadoul, pur parlando di Othello come di un’opera “che vorrebbe apparire preistorica ma che è più che altro affine a quella di uno zoo con le sue rocce di cartapesta”, lo ritiene “opera di gran lunga migliore e uno dei film più notevoli della serie scespiriana”; Guido Fink ritiene che “le leggende fiorite intorno a Welles (...), grande Scholar scespiriano fin dalla più tenera infanzia appaiono fra le più risibili, e l’indubbia dimestichezza del regista con il poeta risulta invece improntata a una buona dose di antiaccademica disinvolta”.

La critica più recente parla di Othello come di opera imprevedibile “dove (Welles) mette insieme in un montaggio che è un fuoco d’artificio inquadrature girate in tempi e luoghi diversi.” (Adriano Aprà), mentre Enzo Ungari in polemica con André Bazin e i difensori del “cinema-cinema” afferma che “i piani-sequenza di Orson Welles sono soltanto alcuni dei mezzi prodigiosi e molteplici con cui il personaggio ha lavorato per avvolgere il caos della sua esistenza nella logica di un’opera d’arte, la stessa che permette di legare rigorosamente un piano americano di Othello girato a Venezia con il suo contro-campo girato in Marocco.”.

Per altre considerazioni si dovrà aspettare lo stesso Welles che condurrà la propria esegesi in Filming Othello, un documentario che, suggerito a Welles dall’amico e regista Carol Reed nel 1952, vide la luce venticinque anni dopo, nel 1977.

 

 

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