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Orwell 1984

Regia di Michael Radford vedi scheda film

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La recensione su Orwell 1984

di Stefano L
7 stelle

1984 (1984) - IMDb

 

In un mondo governato secondo i principi del Socing e sottomesso dalla filosofia del sistema totalitario del bipensiero, che controlla gli avvenimenti del presente e del passato in maniera arbitraria, Wiston Smith (John Hurt), semplice impiegato addetto alla modifica degli episodi storici, contrario ad ogni forma di "purezza" e di burocrazia imposta dal Partito Interno, inizia una storia d'amore proibitiva con la giovane Julia (Suzanna Hamilton): entrambi riserbano il miraggio di una collettività emancipata, la cui speranza di una possibile formazione ricadrà sui prolet. Tutti i personaggi hanno un aspetto tribolato, stanco, a causa dell'agonia inarrestabile sciorinata dal regime. Sotto gli occhi del Grande Fratello, Winston andrà in contro alla tortura, assisterà alle atrocità causate sull'umanità. La tensione si percepisce mentre continua ad avere speranza. Questo film ha una cinematografia suadente, la cui speciale elaborazione del colore ci dà quasi l'impressione di contemplare dei veri dipinti. Michael Radford e il direttore della fotografia Roger Deakins originariamente volevano girarlo in bianco e nero, benché alla fine la loro soluzione sia stata quella di utilizzare un processo di illustrazione chiamato “bleach bypass”, il quale permetteva di ricreare una parvenza smussata dell’estetica, quasi a tinte monocromatiche. Il risultato si mostra brillante, e riproduce il tipico design industriale “sporco” degli anni '80, dai paesaggi distrutti e grigi. La colonna sonora elettronica/minimale di Dominic Muldowney e le canzoni degli Eurythmics aggiungono un'atmosfera fosca all'ambiente ostile e alla trama perturbante. I migliori attori sono naturalmente Hurt, tenebroso ed intenso nei panni dell'individualista Smith che si trasforma in un "burattino su un filo" soggiogato dai potenti, e Richard Burton nel suo ultimo ruolo del funzionario capestro e spietato. Convincente pure la Hamilton, la quale con una recitazione in sottrazione trasmette una “compassata impetuosità”. Lascia parecchi dubbi invece l'estratto di tipo didascalico della sceneggiatura: i dialoghi salienti (non tutti, ovviamente) sono tali e quali a quelli del romanzo, senza una virgola spostata. A latitare però è il pathos, il quale sarebbe stato garantito da un pizzico di vena artistica personale come valore aggiunto dello script. Le immagini oniriche si fondono inoltre con la realtà in modo non sempre persuasivo, nonostante il regista abbia girato con parecchia abilità stilistica alcuni frangenti inquietanti, come quello in cui Winston va con una prostituta il cui volto era solo apparentemente giovane. Radford non riesce a catturare l'intera forza narrativa della fonte. Nei risvolti finali la suspense non viene meno, ma anche in questo caso dà l’impressione di essere maggiormente ovattata rispetto al libro. La versione italiana è stata doppiata da un gruppo di prestavoce che operavano, se non ricordo male, nell'ambito televisivo: "Orwell 1984" rimane quindi una discreta riproduzione della celebre opera distopica del 1949. Sicuramente con una modalità rappresentativa meno vincolata dalla sua sorgente letteraria, sarebbe stato migliore, sebbene la pellicola detenga ancora oggi il suo fascino fantomatico e sinistro nel riuscire ad esporre un'immaginaria comunità oligarchica e assolutista.  

 

 

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