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Paura

Regia di Manetti Bros. vedi scheda film

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La recensione su Paura

di alan smithee
6 stelle

Dopo aver scherzato con l'horror proprio in occasione del debutto sul grande schermo (il bizzarro Zora la vampira), i talentuosi fratelli registi italiani tornano sull'argomento dopo anni trascorsi nel noir, nel pulp, nel poliziesco; dopo un periodo segnato da parecchia buona televisione (Coliandro e alcuni episodi della serie Crimini), i brothers tornano, ma stavolta piu' seriamente, ad affrontare, sin dal titolo, la paura.
La storia, che inizia quasi banalmente con una bravata di un giovane meccanico che, impadronitosi della Maserati di un ricco cliente del suo datore di lavoro, approfitta del fatto che il facoltoso marchese sta andando all'estero per partecipare ad un raduno di veicoli d'epoca, per organizzare con altri due suoi coetanei, un festino nella villona di quest'ultimo, isolata nel verde della campagna, fuori dai centri abitati. Nella casa i tre scopriranno che non sono soli, e quando si accorgeranno che il padrone di casa e' inaspettatamente dovuto tornare e sta varcando la soglia di casa, a quel punto inizieranno i guai; guai seri, perche' sia il padrone di casa sia la persona che abita le cantine umide ed oscure della magione, hanno qualcosa da nascondere.
I Manetti girano molto bene, non e' certo una novita' e il film ha un bell'incipit accattivante e una concitata ultima parte, con una splendida inquadratura in epilogo della ragazza nuda che vaga barcollando nel buio per una strada attigua alla villa.
Certo la partenza della vicenda e' un po' troppo dilatata ed il film stenta un po' a decollare dopo tanta ordinarieta' e luoghi comuni, ma quando (ri)entra in scena Peppe Servillo a far valere il suo diritto di proprieta' (e non solo sulla bella casa), le cose cominciano ad andare davvero in sintonia con le premesse suggerite da un titolo peraltro ruffiano quanto basta, frutto certo di un sapiente (e speriamo centrato) calcolo commerciale, come tutta l'opera, del resto. Ma fin qui nulla di male: ce ne fossero registi con tale personalita', tale coraggio nel riprendere senza falsi pudori gli eccessi di una follia che sembra un brutto sogno tanto e' assurda; a saper mantenere, pur nella medieta' di un loro prodotto che non vuole avere alcuna ambizione alta, uno stile e una lucidita' di  livello tutto sommato lodevole. Un buon "Master of Horror" verrebbe da pensare, soluzione che avrebbe altresi' costretto la produzione a snellire il film delle lungaggini preparatorie di una prima parte che, come dicevamo, fatica a centrare l'argomento. C'e' dunque da augurarsi allora che "Paura" sia solo il primo imperfetto ma gradevole tassello di una lunga frequentazione, da parte dei due nostri spigliati registi, di questo coinvolgente genere cinematografico.

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