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5 anni di fidanzamento

Regia di Nicholas Stoller vedi scheda film

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La recensione su 5 anni di fidanzamento

di alan smithee
8 stelle

A volte lasciare il titolo originale ad un film significa salvarlo da fantasmagoriche soluzioni di ripiego, raccapriccianti traduzioni o inefficaci titoletti di stampo televisivo (vedi il recente infelice "I bambini di Cold Rock" per un prodotto tutt'altro che infelice).
Nel caso del film in questione, il titolo in originale esprime piu' che altro il disinteresse della distribuzione verso un titolo invece cosi' interessante, quasi epocale a mio giudizio...poi spieghero' il perche'. Se qualcuno avesse creduto nelle potenzialita' di una pellicola del genere non si spiegherebbe ad esempio il fatto che in Liguria il film venga distribuito da venerdi scorso in un unica sala genovese (e fin qui tutto tragicamente normale...), ma ad un solo spettacolo giornaliero, quello delle 15,30.
La commedia, che riunisce per la seconda volta un terzetto di buone combinazioni formato dal regista/sceneggiatore Nicholas Stoller, dall'attore/sceneggiatore Jason Segel, e dal produttore/sceneggiatore/regista Judd Apatow - dopo il gia' notevole "Non mi scaricare", narra la storia spesso tragicomica di una coppia molto affiatata che, dopo solo un anno dal primo folgorante incontro ad un ballo in maschera, decide di fidarzarsi ufficialmente, con l'idea di convolare a nozze di li a poco. Ma a quel punto una promozione inaspettata per Victoria, ricercatrice universitaria, compromettera' la carriera di abile cuoco di Tom, costringendoli a rifugiarsi in una lontana localita' montana lontano dalla loro amata San Francisco. Da qui tutta una serie di circostanze che ritarderanno per cinque anni la fatidica cerimonia, sino a compromettere (definitivamente?) la propria relazione.
Ancora una volta la sceneggiatura cela dietro le sembianze apparentemente innocue della commedia sentimentale/brillante situazioni inquetanti e coraggiose che questa volta non prevedono, come in "Non mi scaricare", primi piani impietosi sui genitali di Segel, ma alluci amputati, dardi conficcati nella coscia, linguaggio sboccato cosi' poco da commedia sofisticata, durata dilatata oltre le due ore, anche questo decisamente un aspetto fuori del comune nel genere.
Ma questa volta, piu' ancora che nella prima avventura gia' citata, ci troviamo di fronte, lo dico senza esagerare, di fronte "all'Harry ti presento Sally" del nuovo millennio, degli anni Dieci. Solo che qui non siamo piu' nei frizzanti e spensierati anni Ottanta (seppur nell'ultima fase), e la problematica non e' piu' tanto quella di stabilire se e' possibile che uomo e donna possano essere amici, complici senza essere amanti. Qui, in epoca di crisi, panico e paure di vario genere, il problema e' ben piu' complesso: e' possibile che la vita di coppia possa funzionare senza che la altri fattori, le singole pur ammissibili ambizioni, carriere e prospettive finiscano per distruggere l'altra meta' della coppia, disintegrando con un egoismo incontenibile e cosi' naturale tutti i progetti, tutti i programmi e le aspettative a cui una famiglia nascente  non puo' non ambire? Nel film, almeno nei suoi primi 3/4, la risposta sempra proprio indicare una totale impossibilita' a gettare basi solide per una famiglia che pensi a se stessa prima che a tutto il resto, salvo poi virare per una soluzione piu' conciliatoria che non ci toglie l'amaro di bocca accumulatosi nella prima ora e mezza.
Bravissimo Segel, incantevole la Blunt, spassosissimi molti personaggi minori, tra cui i colleghi panettieri montani di Tom, gli spassosi genitori di entrambi i protagonisti, e la coppia formata dal migliore amico di Tom e dalla sorella di Victoria, che danno vita spontaneamente e quasi per caso ad una famiglia dalle iniziali poche chances, ma che invece calcifica la propria unione nata quasi per azzardo con un grappolo di figli e un misto di incoscienza ed ironia davvero efficaci. 
Una commedia che non e' quello che sembra, un Apatow nell'ombra che consolida con una nuova opera un filone piu' serio e drammaticamente inquietante di quanto non voglia far trasparire; e una manciata di spettatori (almeno da noi in Liguria quei pochi sparuti eletti che si impegneranno a non perdere l'unica occasione delle 15,30 che si presenta loro) che lasciano la sala con un peso sullo stomaco e forse anche un bruciante esame di coscienza da affrontare nel proprio intimo.

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