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Come un tuono

Regia di Derek Cianfrance vedi scheda film

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La recensione su Come un tuono

di laulilla
6 stelle

Come il precedente Blue Valentine, anche questo film di Derek Cianfrance si occupa di paternità, ma il progetto è più ambizioso e, secondo me, un po' meno riuscito.


Il protagonista, almeno per la prima parte, è Luke (Ryan Gosling) nei panni un po’ sdruciti dello  stunt man, l’eroe dei poveracci che si divertono a guardarlo mentre, con  altri due colleghi fegatosi, rischia la pelle, lanciando la moto a tutta velocità, dentro una specie di sferica gabbia metallica, riuscendo a non urtarli e a non farsi male.

Qualche primo piano del busto molto tatuato di Luke ci dice che all’origine dei suoi successi è una ben scolpita massa muscolare, indizio delle cure che egli ha per sé: non casualmente, però, in questi momenti Luke ci viene mostrato senza la testa...

È privo di cervello il giovanotto, ma non di memoria: non appena vede Romina (Eva Mendes) spuntare fra gli ammiratori, si ricorda di lei e vorrebbe riprendere il breve flirt dell’anno precedente. Ora la donna, però, ha un compagno, Kofi (Mahershala Ali), che, per amore di lei, fa da padre a Jason, il figlio nato da quel breve flirt, di cui Luke ignorava l’esistenza. 

La rivelazione improvvisa gli sconvolge la vita: decide di fare il padre, per assumere su di sé la responsabilità del bambino, abbandonando la vita spericolata con l'intento di  dedicarsi a qualche lavoro che gli permetta di mantenere e seguire il figlio. Il fatto è che non sapendo far altro che guidare molto bene la moto, su suggerimento dell’amico che lo ospita, decide di sfruttare questa sua abilità per svaligiare le banche della zona di Schenectday, nello Stato di New York. Uno scontro a fuoco conclude la sua vita dissennata, nonché la prima parte del film.

 

 

 

 

 

La narrazione segue, ora, la vita di un altro padre: il poliziotto Avery Cross (ottimo Bradley Cooper), colui che ha ucciso il bandito Luke.

Dopo la lunga degenza in ospedale, la lunga indagine e il periodo di riabilitazione fisica e psicologica, il giovane Avery torna al suo lavoro, circondato dall’aura dell’eroe. 

Figlio di un giudice, sposato, padre di un bambino che ha l’età di Jason, Avery non tarda a capire quanto sia corrotto il mondo dei suoi colleghi, dai quali, ancora convalescente, era stato coinvolto in una illegale operazione ai danni di Romina e del suo compagno. 

Li denuncerà, ma dovrà lasciare la polizia, scegliendo di candidarsi come procuratore del dipartimento di Schenectday. Ora è un uomo che porta con sé l’ assillante senso di colpa per aver aver tolto il padre a Jason, il piccino che ha l’età del suo. 

Presto, però, il film ci mostrerà quale padre sia Avery, quale e quanta parte di responsabilità si assuma nella cura e nell’educazione del proprio figlio: i primi dubbi, del resto, erano stati espressi dalla moglie che, già al tempo della sua convalescenza, mal sopportava la sua inutile permanenza in casa. La coppia si dividerà e il piccolo AJ vivrà con la madre.

 

Dopo 15 anni i giovani AJ e Jason sono diventati compagni di liceo. AJ è riuscito, avendo compiuto sedici anni, a scegliere di abitare col padre, diventato giudice affermato e rispettato. Avery, però, è riluttante ad accoglierlo, perché non intende occuparsi di lui, anteponendogli la propria carriera. La sua assenza sarà devastante, perché AJ è un ragazzo viziato e capriccioso, che fa uso di droghe ed è pervaso dalla crudele volontà di mettere nei guai Jason.

 

 

 

 

 

 

Il film è molto articolato, poiché, attraverso una tecnica narrativa poco usuale nel cinema americano, non racconta tanto la storia di uno o più personaggi, quanto piuttosto l’incrociarsi di vicende complesse che hanno come sfondo la realtà sociale di Schenectday, cittadina nella quale le differenze di reddito e di cultura sono talmente profonde da impedire qualsiasi forma di scambio e di comunicazione fra i gruppi sociali, prevalendo la diffidenza reciproca sul riconoscimento della comune umanità.

 

I due protagonisti, Luke ed Avery, a loro volta, incarnano modi diversi e contraddittori di vivere la propria paternità.

Luke pensando che la tenerezza affettuosa fosse sufficiente a far crescere suo figlio, non considera la difficoltà di mantenerlo organizzando per lui un nido non solo accogliente, ma sicuro, né intende riconoscere al patrigno Kofi il ruolo sostitutivo che gli spetterebbe, se riuscisse a pensare che essere padre non è solo un fatto biologico, ciò che  lo stesso Kofi avrebbe ricordato a Jason, ormai quasi adulto e alla ricerca delle proprie origini.

 

Avery, invece, è consapevole dell”importanza del ruolo paterno nell’educazione del figlio, ma vi rinuncia, cosicché, anche se ad AJ non fa mancare nulla, lo trascura, tuttavia, né muterà vivendo con lui: raramente si dedicherà all’ascolto dei suoi problemi, intuendone le necessità. L’unico vero padre, dunque è Kofi, paradossalmente, cioè,  proprio colui che non ha figli suoi.

In questo complesso film, la narrazione è alquanto disuguale: analitica e molto coinvolgente nella prima parte, un po’ intricata nella seconda, alquanto melodrammatica nell’ultima parte, per riscattarsi infine, senza riuscire, però, a cancellare l’impressione che il racconto diventi, col passare del tempo, un po’ troppo televisivo. 

Cianfrance ha girato questo suo lavoro “en plein air” a Schenectday, avvalendosi anche della partecipazione di poliziotti veri, infermieri e medici veri, banche, ospedali, ambienti giudiziari e di polizia reali, e coinvolgendo nel racconto anche gli attori, all’improvvisazione recitativa dei quali viene talvolta lasciato spazio, ciò che ha conferito alla narrazione quel tocco di verità e di originalità che fa perdonare anche molti difetti.

Imperdonabili,  indecenti e fuorvianti invece, trailer e titolo italiano: inducono gli spettatori ad aspettarsi un film d’azione che non vedranno...

 

 

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