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Project X. Una festa che spacca

Regia di Nima Nourizadeh vedi scheda film

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La recensione su Project X. Una festa che spacca

di OGM
4 stelle

La passione per la camera a mano sta diventando un vizio. Inoltre è evidente che le goliardate cinematografiche hanno fatto il loro tempo, e gli eccessi dei reality ci hanno ormai procurato una fastidiosa indigestione. Questo iperbolico party adolescenziale per i diciassette anni di Thomas Kub è una pietanza decisamente pesante, nonostante sia totalmente priva del sostanzioso condimento delle idee. A meno che non si voglia considerare una trovata l’immagine di un cagnolino legato, per divertimento, ad un gruppo di palloncini e sospeso a mezz’aria.  O il gesto di tuffarsi, dal tetto della casa, dentro una piscina in cui galleggiano bambole gonfiabili. Le riprese fanno lo slalom in mezzo ad una massa barcollante di giovani in preda al solito, psichedelico delirio festaiolo, un caos informe che è soltanto la versione urlante della noia. Mentre con lo sguardo ci si impegna, faticosamente, a seguire quel compiaciuto serpeggiamento senza costrutto, viene in mente quanto il voler filmare a tutti i costi sia un’impresa stancante. Soprattutto quando lo scopo è ritrarre l’insulso impazzare della banalità, con quell’approssimazione saltellante che arranca alla continua ricerca dell’effetto, ed avanza a suon di battutacce scontate, che scoppiano senza sorpresa e subito, miseramente, si spengono,  costringendo il cineoperatore a procurarsi altrove nuovo carburante. Laddove l’originalità è un bene che scarseggia, difficilmente si può realizzare la suspense, ed anche il presunto crescendo dell’azione si perde in un labirinto di dettagli senza importanza. Tra un’inquadratura oscillante e l’altra, si beve, si fuma, si ingoiano pillole di ecstasy, secondo il più classico copione del sabato sera. E intanto, nei tempi morti, ci si preoccupa dei vicini che, disturbati dal rumore, minacciano di chiamare la polizia, o di ciò che diranno i genitori di Thomas quando, rientrando, troveranno quello scempio in casa loro.  Il resto del gioco è fatto di scene da discoteca, scazzottate, scambi di effusioni più o meno ardite, in un frammentario pot-pourri a ritmo di musica techno, interrotto soltanto da un corale Happy Birthday to You e dal momentaneo diversivo di un nano chiuso per scherzo nel forno. Questo Project X, a dispetto del titolo ambizioso, sembra proprio mancare di un piano, visto che il suo maldestro percorso si esaurisce nella forzatura di protrarre, per quasi un’ora e mezza, un giovanilismo stantio che spara cartucce spuntate, ed un voyeurismo fricchettone in cui non c’è nulla di interessante da vedere.  Si direbbe l’ordinaria parabola di una semplice sbornia, senza fantasia, né allegria, né tristezza, e di un trip che è rimasto a corto di allucinazioni. Inutile, poi  – oltre che patetico – è il tentativo di recuperare un po’ di slancio in extremis:  del finale è meglio (in tutti i sensi) non parlare.

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