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The Wedding Party – Un matrimonio con sorpresa

Regia di Leslye Headland vedi scheda film

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La recensione su The Wedding Party – Un matrimonio con sorpresa

di alan smithee
6 stelle

Pensavamo (anzi pensavo) che tutto quello che era gia' stato detto e visto sulle mille imprevedibili incognite insite nei preparativi matrimoniali, potesse essere sufficiente ad accontentare anche noi (anzi me) spettatori(e) che non ci lasciamo incantare troppo dalle commedie scatenate e "facili" di gran moda in un panorama cinematografico che oggi piu' che mai vive di filoni trainanti e cerca di rischiare meno possibile ; in tal modo il sopraggiungere sugli schermi di questo "Bachelorette" ci lasciava piuttosto interdetti di come si potesse ancora osare affrontare un argomento cosi' sfruttato come questo, tra "Camerondiaz" scatenate e "Julierobertz" inarrestabili (una volta pure assieme tra l'altro...) di neppure molti anni orsono, per non citare tutta la scia di film (alcuni anche riusciti come il recente "Le amiche della sposa") che ne sono seguiti. Pero' poi, a leggere un po' meglio un sunto della vicenda, e a vedere qualche trailers sempre fin troppo rivelatore, mi accorgo che la storia di quattro amiche del liceo che si rincontrano ormai trentenni in occasione del matrimonio dell'unica tra tutte che avrebbe avuto (esteticamente almeno, fattore di non poco conto nel cinema) le chances minori di raggiungere quell'ambito (almeno sulla carta) traguardo, e' una storia che nella vita reale succede (con una certa dose di sana crudelta', a pensarci bene) in un sacco di occasioni. O comunque in almeno un caso attinente alla mia cerchia di amicizie e' successo, accidenti se e' successo: qui nel film e' "faccia di maiale" che annuncia alla (falsamente) piu' cara amica Kirsten Dunst di voler convolare a nozze: la notizia e' uno shock totale per chi la riceve, che stenta addirittura a recepirla tanto e' incredula: passa solo qualche minuto che la bionda bellissima viziatissima trentenne avvisa subito le altre due seducenti amiche, una rossa sciroccata (Isla Fisher, ormai abbonata al ruolo di svampita senza rimedio) e una mora problematica e "dark nell'anima" (una notevole Lizzy Caplan): "non e' possibile: ero io la prima a doversi sposare" rivela la bionda alle altre due, piu' sconcertate di lei. Il resto e' il solito susseguirsi di contrattempi, piccoli disastri, amori e avventure assurde che servono a infittire la trama di un turbinoso via vai contro il tempo, un palpitante "count-down" per riuscire ad organizzare (alla bell'e meglio, ma senza che gli altri se ne accorgano) questa fatidica cerimonia secondo il piu' tradizionale (e kitch) degli standard di questi incorreggibili americani. Il piatto forte del film e' una certa sana dose di cattiveria che trasuda dai gesti di almeno due delle protagoniste, la bionda Dunst e la mora Caplan (davvero brava nel personaggio piu' riuscito del film), che in tutta la vicenda non si capacitano di come la loro grassa, grossa impacciata amica abbia potuto coronare il suo sogno molto prima di loro: la risposta e' cinica ma semplice e il film non ci vuole (giustamente) girare molto attorno: le tre sirene, consce della loro bellezza, hanno sempre venduto cara la propria disponibilita', concedendosi avventure qua e la' senza volersi compromettere, in attesa di trovare un "partito" ancora piu' all'altezza. La Caplan inoltre ha alle spalle una vecchia storia d'amore giovanile terminata con un aborto che la rende ancora oggi - trentenne apparentemente grintosa e aggressiva - una persona fragile ed insicura. C'e' davvero proprio poco da ridere in questo film, se non ci si arena dietro le apparenze di una sceneggiatura che sa essere, almeno a tratti, ben piu' profonda di come superficialmente vuol farsi catalogare. E la frenesia dell'ultima ora di preparativi e' cosi' concitata che la bionda damigella d'onore Dunst, in malafede e proprio per questo cosi' isterica e stressata, arriva a instillare in almeno parte del pubblico (nel sottoscritto certamente) un senso di panico e impotenza mista ad un senso di inadeguatezza e senso di colpa che sono proprio i sentimenti che sta vivendo il suo personaggio; a dimostrazione, ce ne fosse bisogno, che davvero l'invidia e' una brutta, brutta malattia. Ecco la vera forza, la grinta del film, prodotto da quel Will Farrell non nuovo, nelle sue interpretazioni, ad un umorismo tagliente e crudele. Per il resto della vicenda, certamente non ci si discosta dalle solite commediole sboccate e disinvolte cosi' di moda nel panorama della commedia contemporanea.

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