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Re della terra selvaggia

Regia di Benh Zeitlin vedi scheda film

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La recensione su Re della terra selvaggia

di FilmTv Rivista
10 stelle

Gente dura, in Louisiana, gente che non si piega: «Won’t Bow, Don’t Know How» recita la frase di lancio della meravigliosa serie (delittuosamente inedita in Italia) Treme, ambientata nella New Orleans post Katrina. Non si piegano nemmeno gli abitanti di Vasca da Bagno, il ghetto immaginario della Louisiana dove Benh Zeitlin ha ambientato la sua opera prima: una palude lussureggiante e senza regole, dove è festa un giorno sì e uno no, dove i bambini imparano la vita anziché le tabelline. Un regno a parte, separato dal mondo asciutto tramite diga sovradimensionata e condannato all’inondazione: ma i suoi abitanti non conoscono la paura né la resa, e brindano all’uragano apocalittico che li attende. C’è tutto lo spirito dell’inaffondabile New Orleans, nell’opera di Zeitlin, newyorchese di nascita ma innamorato del bayou, della sua gente e della sua musica indomabile. Indomabile è pure Hushpuppy, voce narrante in miniatura, una bimba di sei anni che del mondo sa già tutto quel che serve, compreso come finirà: i ghiacciai si stanno sciogliendo, le acque avanzano e portano con sé i giganteschi Uri, bestie primordiali liberate dallo sconvolgimento climatico. Quando l’uragano, inesorabile, arriva, Hushpuppy e il resto dei variopinti e alticci dropout di Vasca da Bagno lottano, non contro la Natura che prende il sopravvento, ma contro il Sistema che cerca di assorbirli, di inglobarli per neutralizzarli. Intriso dell’orgoglio quasi secessionista di quell’angolo di States, il film di Zeitlin usa il realismo magico con forza inedita, facendolo filtrare dagli occhi magnetici della piccola Quvenzhané Wallis, un minuscolo messia destinato a condurre il suo popolo verso il nuovo inizio portato dalla Fine. Vincitore della Caméra d’Or a Cannes 2012 (e di un’altra dozzina di premi in giro per i festival del mondo), Re della Terra Selvaggia travolge e spiazza con la sua natura ibrida e inetichettabile: nato da una pièce teatrale, zeppo di rimandi simbolici, è fisico e cerebrale al tempo stesso, teorico e carnale. Proprio come l’alligatore che, nel film, diventa sia un piatto prelibato, sia un’imprevedibile bomba rivoluzionaria, il debutto di Zeitlin sazia gli occhi e fa detonare la mente.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 6 del 2013

Autore: Ilaria Feole

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