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Io e te

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su Io e te

di OGM
8 stelle

Una doppia solitudine. Faticosamente cercata, dolorosamente condivisa. Nei film di Bernardo Bertolucci l’intimità è sempre una condizione precaria ed estrema, il tormentato rifugio in cui anime in guerra col mondo si rinchiudono lasciando fuori dalla porta i conflitti e le incomprensioni, ma portandosi dietro i brandelli sparsi del proprio essere: un rompicapo da ricomporre con calma, in un isolamento che coincide con l’infinità possibilità di sbagliare senza pentirsene, e senza il rischio di venire giudicati. L’affannoso realismo dell’anormalità riveste la camera di decantazione in cui i diversi sperano di uscire dalla prigionia dei rapporti sociali o familiari forzati, per entrare in quello spazio interiore in cui essi possono finalmente vivere fino in fondo la loro paradossale natura di reietti fieri del proprio status. Lorenzo, un ragazzino autistico, e Olivia, una giovane tossicodipendente, sono fratello e sorella di sangue ma anche di spirito, uniti dallo stesso rifiuto delle vie facili, consuete, prefabbricate dalle convenzioni: se in The Dreamers era una trasgressione incestuosa a scavare i cupi cunicoli di una rivoluzione costruita su misura, in questo film la complicità è una scoperta effettuata strada facendo, un po’ casualmente, a partire da una diffidenza di fondo che funge da scintilla alla comune elaborazione della marginalità.  Il punto  di incontro tra i due ragazzi è l’impossibilità di uscire allo scoperto, per non rivelare  personali segreti e debolezze: questa è la base di un confronto sui rispettivi modi di concepire la vita ideale, quella priva di vincoli e di nemici, in cui non ci sono spacciatori che ti chiedono soldi o padri che te li negano, né madri ed insegnanti che ti spediscono in gita scolastica sulla neve.  Sarebbe bello potersi inventare tutto daccapo, facendo in modo che l’esistenza diventi un’avventura vera, tratta da un romanzo, nella quale si va in vacanza in una fattoria con i cavalli, oppure si diventa il coprotagonista di un giallo in cui la vittima è un’anziana contessa decaduta e costretta a vendere la sua casa come nuda proprietà. Purtroppo l’ambiente esterno è morto nei confronti della fantasia, come lo sono i tanti arredi polverosi accatastati in quel buco sporco e buio: un universo di cose che hanno perso la loro identità (una pelle di zebra, un vestito passato di moda), ma possono ritornare momentaneamente utili, come supporto alla miseria o all’immaginazione. È un’espressione artistica semplice, fatta di povere cose, di gestualità spontanee o istintivi movimenti del corpo, quella che riempie i vuoti tra le domande, tra le riflessioni sul perché non siamo come gli altri. Lorenzo osserva le formiche che camminano lungo le gallerie di un formicaio. Olivia mostra le sue fotografie, scatti in bianco e nero di geometriche composizioni di persone e oggetti. La Lucy di Io ballo da sola danzava al suono di una musica inudibile agli altri. La profondità dell’anima si fa coreografia, individuale e minimalista, ermetica e silente. Diventa il disegno acerbo di un’utopia controcorrente. Io e te è un sottile brandello di infantile romanticheria, strappato alla disperazione di dover essere se stessi, nonostante tutto, e non poterci fare nulla.

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