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Io e te

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Io e te

di alan smithee
8 stelle

Il ritorno di Bertolucci dopo anni di attesa corrisponde con la trasposizione di uno dei romanzi piu' brevi, concisi (e forse proprio per questo) piu' apprezzati anche dal pubblico giovane, ora piu' che mai distolto dai "piaceri" della lettura da molte altre forme di svago che la tecnologia e l'informatica ci hanno messo da tempo a disposizione.
Il bellissimo piccolo romanzo di Ammaniti riusciva a racchiudere al suo interno temi come il disagio adolescenziale, la scoperta di se' stessi e dei propri cari, la necessita' di rinchiudersi in un luogo chiuso per evadere e fuggire (almeno con la mente ed il pensiero) verso orizzonti senza limiti ed essere finalmente padroni incontrastati di un proprio universo dove tutto e' sotto controllo, dove la massa, la calca, la necessita' di apparire e integrarsi nel gregge burino e superficiale della gioventù senza stimoli veri, possa essere finalmente messo da parte.
Il piano di Lorenzo è premeditato e perfetto, e il giovane - sfruttando le debolezze caratteriali di una madre che intravede nella settimana bianca scolatica la possibilita' del figlio di riscattarsi da anni di problematiche caratteriali e da un disadattamento cronico al mondo circostante - riesce a persuaderla, con una scenata isterica da grande teatrante, a lasciarlo gia' tutto vestito da sci poco prima del luogo dell'appuntamento per la partenza, con la scusa che e' importante per la propria credibilità far vedere che si arriva all'appuntamento da soli. In tal modo e furtivamente il ragazzo sfiora l'incontro con i compagni e fa ritorno a casa, trova rifugio nella propria cantina semi abbandonata, colma di vecchi mobili, vestiti e suppellettili eccessive e kitch della precedente nobile proprietaria.
Cibo in scatola irresistibilmente calorico e malsano fa spazio a bevande gassatissime meticolosamente razionate; fumetti di Tex e libri d'avventura sono i veri "amici" per trascorrere la settimana di esilio volontario e vivere finalmente la propria liberta', circoscritto tra i confini marcati e per tutti gli altri claustrofobici di un rifugio-salvezza che non ha eguali.
Ma l'arrivo improvviso ed inaspettato della sorellastra piu' grande Olivia, ragazza problematica con una pesante dipendenza da eroina ed altri stupefacenti, finisce per scombinare tutti i piani del giovane Lorenzo, rendendo tuttavia ancora piu' unica e formativa quella particolare ed insolita "settimana bianca".
La vera sfida di Bertolucci, da sempre attratto dai corpi e dalle menti di una adolescenza inquieta e dalle metamorfosi che segnano il passaggio all'età adulta, e' quella di riuscire a districarsi, lui da tempo costretto ma non piegato alla sua "sedia elettrica", tra i meandri di uno spazio che appare labirintico e stretto, tortuoso e pieno di ostacoli, riuscendo anche stavolta a far danzare la macchina da presa in un incanto visivo che da sempre costituisce la sua piu' grande qualita' esteriore. Lo studio accanito ed impudico dei corpi di una gioventù insicura ma fiera, che reagisce con scatti improvvisi, ire incontrollabili ma anche inaspettati gesti di affetto improvvisati alle difficoltà di una vita che devi costruirti a scapito di insicurezze e debolezze altrui, e' il fulcro di una vicenda intima in cui e' facile che ognuno di noi riesca a ritrovare le paure e le insicurezze percepite in quella difficile e crudele età. Jacopo Olmo Antinori ha lo sguardo intenso, beffardo e meravigliato assieme di un Malcolm Mc Dowell adolescente con acne e la macchina esplora le magnifiche imperfezioni della sua giovane età con uno sguardo protettivo che si lascia sedurre da uno sguardo magnetico e dalla disarmante sincerita' di un corpo in via di formazione. Olivia e' invece gia' una donna fatta, anche se inizialmente ci viene celata dietro un cappotto grottesco che la infagotta totalmente, ma grazie al quale poco dopo una cascata improvvisa di capelli biondi invade lo schermo con una forza dirompente che ci prende alla sprovvista.
Grande prova di entrambi, esordienti dotati di una forza fisica ed interiore dalle elevate capacita' attrattive e ulteriore riprova della abilità, ampiamente dimostrata in passato da parte del grande regista, di riuscire ad azzeccare in pieno i volti e i tratti necessari per la migliore resa di quel disagio interiore che spesso alberga nei suoi meravigliosi contrastati personaggi. Un Bertolucci che torna, forse anche costretto dai limiti crudelmente imposti da leggi naturali spesso incontrovertibili, al film "piccolo" come ai tempi del quasi-capolavoro "L'assedio", con un risultato totalmente apprezzabile, riuscendo a far suo senza stravolgerlo un romanzo gia' perfetto e prorpio per questo non cosi' facile da personalizzare e da "piegare" allo stile inconfondibile del maestro indiscusso dell'irrequietezza dell'anima prima che del corpo.

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