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Il comandante e la cicogna

Regia di Silvio Soldini vedi scheda film

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La recensione su Il comandante e la cicogna

di alan smithee
8 stelle

Dopo il successo di "Pane e tulipani", dopo l'adorabile (e sottovalutato, da critica e pubblico) "Agata e la tempesta", e' un piacere e una soddisfazione ritrovare il Soldini in gran forma della commedia surreale. Della favola, verrebbe quasi da pensare, di una storia bella, naif e a tratti magica, pur se profondamente calata nei dilemmi e nelle problematiche di un'Italia che affonda sempre piu' nel compromesso e nella truffa ordita dai soliti stolti e disonesti ai danni di chi lavora, soffre, e si danna per condurre un'esistenza dignitosa con il frutto del proprio lavoro e sacrifici (l'idraulico dal cuore d'oro Mastandrea) o della propria arte e sensibilità (la bizzarra e insicura pittrice Rohrwacher).
Un'Italietta in cui persino le statue dei nostri eroi piu' insigni e valorosi, da tempo immemore ridotti a testimoni irremovibili e al piu' borbottanti come vecchi saggi rimasti inascoltati e utili solo a fare da cornice a parchi e piazze cittadine, assistono impotenti e rassegnati ai piccoli grandi traffici illeciti e disonesti che quotidianamente  fanno ormai puntualmente parte del nostro vivere quotidiano, vergognosa routine soggiogata dal compromesso e dall'arte di truffare il prossimo per lucrarne vantaggi indebiti.
In questo desolante ma realistico contesto di una Torino che sopravvive imparando a vivere di espedienti, i due personaggi buoni di cui sopra finiscono, ognuno per salvaguardare i propri interessi, per incrociare le loro esistenze con quelle di una serie di loschi individui che li spremeranno fin ogni limite legale per aggiudicarsi il proprio vantaggio. E se l'artista Diana si fa sfruttare da un losco avvocato dopo essere stata truffata da un precedente datore di lavoro, non di meno e' quanto succede all'idraulico Leo, vedovo con due figli a cui non riesce piu' bene a star dietro e che riprende negli sbagli di tutti i giorni convocando una democratica esilarante riunione di famiglia con tanto di verbale e firma dei partecipanti.
Sulla loro strada incrociano pure il sovrappeso Amanzio, bizzarro anarchico da tempo senza lavoro, con tanto tempo libero per imparare nuovi idiomi e per cercare di fregare cibi scaduti nei supermercati e rivalersi, da rentier senza scrupoli alla pari dei personaggi contro cui si batte, sui malcapitati inquilini che ospita in casa sua. Ma saranno i due figli di Leo, con i loro problemi, con la loro spesso assurda ricerca di un perche'  su ogni cosa (il maschietto) e il desiderio di bruciare le tappe di una crescita che meriterebbe di essere vissuta fino in fondo (la ragazza), a creare i presupposti perche' finalmente un giorno i truffatori vengano puniti e la giustizia faccia il suo corso.
Tutto cio' grazie anche a quegli aspetti surreali - una cicogna quasi domestica, un detective giovane e maldestro che sfrutta un amore adolescenziale ma poi finisce quasi per lasciarsi assorbire dalla passione, il burbero gia' citato Battiston che predica bene, ma si comporta come il peggiore degli aguzzini e delle multinazionali contro cui si batte da una vita; ma soprattutto una moglie defunta (grande prova della Gerini, impegnata in un' altra sua performance cult che non si scordera' facilmente, sempre perennemente in costume, l'ultimo indumento con cui l'ha vista il marito prima che morisse annegata e il solo modo in cui egli se la ritrova davanti ogni notte) - che la sera compare ai soli occhi sfiniti del marito idraulico ancora innamorato, brillante, ottimista e con un trascinante accento genovese e una nostalgia irrefrenabile del caffè - sara' forse un burlesco ironico riferimento al noto spot che da decenni tartassa le nostre ricettivita' consumistiche? Un personaggio quasi in fuga da un paradiso a quanto pare piu' problematico e burocratico della gia' poco consolante vita di tutti i giorni e una delle chicche che rende magica e cosi' apprezzabile questa commedia certo amara, ma con un finale aperto e predisposto al migliore degli esiti - una volta tanto - per i poveri, gli umili, gli sfruttati. Una riuscita alla quale un cast azzeccato ed importante contribuisce non poco per permettere all'opera di farsi amare, piu' che semplicemente apprezzare.

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