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Hates - House at the End of the Street

Regia di Mark Tonderai vedi scheda film

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La recensione su Hates - House at the End of the Street

di mc 5
4 stelle

Non ho la minima idea di chi sia questo oscuro regista, questo Mark Tonderai, da dove provenga e se abbia diretto altri progetti in precedenza. So solo, a quanto ho potuto vedere, che è cineasta alquanto anonimo e assai ordinario, che tuttavia mantiene una sua dignità che è quella del prodotto popolare medio-piccolo e ci giurerei che deve avere qualche esperienza nel campo dei videoclip, come si può evincere dalle brillanti immagini che accompagnano i titoli di coda, invero una delle poche da salvare di un film assai modesto. La pellicola ha incassato soltanto solenni stroncature, che condivido ma con qualche riserva. Ecco, io non credo che questo thriller-horror per nulla innovativo sia un film tutto da buttare. D'accordo, si parte con sfondi, caratteri, personaggi e situazioni che abbiamo visto mille volte, tuttavia, nella sua fase finale il film, dopo essersi baloccato per oltre un'ora con una serie di stereotipi, prende una piega adenalinica ed ansiogena che al prodotto imprime una svolta sicuramente positiva. Poi, ciò detto, tutto il resto lascia a desiderare, pesantemente condizionato da una maledetta voglia di non uscire dai binari della convenzione che si fa perfino fastidiosa. La sceneggiatura ha in questo le sue colpe, costruendo personaggi senz'anima, delineati attraverso caratterizzazioni goffe, senza coraggio, ciascuno come fosse una figurina classica e riconoscibile, senza guizzi o sorprese. Fin qui nulla di grave, esistono prodotti di vari livelli, fruibili da diversi tipi di pubblico; c'è l'utente da multisala (di solito di bocca buona) che a un film di questo tipo si accontenta di richiedere atmosfere torbide, qualcosa che si muova nel buio e una casa maledetta che quella non si nega a nessuno; poi c'è il fruitore più sgamato che di fronte a cotanta derivatività s'infastidisce. Voglio dire che l'importante è attribuire al prodotto un'impronta chiara e questo film, in tal senso, nel suo piccolo una propria dignità la possiede. Piuttosto, c'è un discorso tecnico da fare riguardo al mercato e alla distribuzione. Il problema è che escono nelle sale troppi prodotti che sono destinati, per natura e livello, al mercato dell'home video. E a mio avviso questo "Hates" è uno di quei tipici casi. Non possiedo le cognizioni tecniche per approfondire il tema, ma percepisco che qui in Italia succede che opere che altrove vengono immesse direttamente sul mercato del consumo domestico, da noi invece qualche distributore "ci prova" a collocarne l'uscita in sala, spesso con esiti deludenti, tranne forse che in questi giorni quando qualche spettatore di poche pretese cerca solo un paio d'ore di refrigerio alla calura estiva. Concludendo e sintetizzando: questo è un film senza pretese, prevedibile al 100%, ma non mi sento di farlo a pezzi, perchè se fosse uscito in ambito home-video sarebbe stato un prodotto medio, mentre così risulta decisamente mediocre. La storia è di un banale imbarazzante. Una mamma e la giovane figlia vanno ad abitare in una casa nei pressi di un bosco, e se hanno realizzato un affare è a causa di un crollo dei prezzi dovuto al fatto che nell'edificio di fronte, anni prima, fu consumato un orrendo massacro. E mi fermo qui, anche perchè quel che segue è esattamente ciò che ciascuno si può aspettare. Peccato che il film sia senza equilibrio: privo di ritmo per i suoi primi tre quarti, verso la fine la vicenda precipita e subisce un'accelerazione in cui azione ed efferatezze si sovrappongono. Vediamo i tre protagonisti. Max Thierlot interpreta il giovane sopravvissuto della famiglia massacrata, fornendo posture ed attitutidine decisamente da fotoromanzo. Elisabeth Shue (la mamma della giovane protagonista) troppo impegnata a riferirsi ad una quantità impressionante di clichè espressivi che allontanano ogni spontaneità. E poi la vera mattatrice del film, colei che ne rappresenta l'immagine. Stiamo ovviamente parlando di una delle giovani dive più richieste di Hollywood, peraltro già detentrice di un Oscar, Jennifer Lawrence, qui spesso imbambolata e costantemente in tremebonde ambasce. E a questo punto devo fare uno di quei "comin' out" per i quali ci vuole una buona dose di coraggio: io la Lawrence non la sopporto e ritengo sia un clamoroso caso di sopravvalutazione che vede compatti pubblico e critica nell'indicarla come "il volto nuovo di Hòòywood", mentre io la trovo spesso inespressiva, con quella sua posa sempre uguale da "bella figa del liceo". De gustibus, non lapidatemi. E in ogni caso le sue (belle) spalle nude non bastano a reggere un così triste spettacolo.


Voto: 5

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