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Frankenweenie

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Frankenweenie

di ROTOTOM
8 stelle

Tim Burton al suo meglio, dopo le ultime prove non proprio brillanti. Il suo meglio è quando ritorna in famiglia, tra i suoi bambini ostrica, disfunzionali, dark e inconsapevolmente orrorifici. Portatori di una melanconia esistenziale che fa virare al grigiore di un cupo espressionismo anche l’ambiente circostante, emanazione diretta del mondo interiore dei personaggi.



In principio – 1984 - fu un cortometraggio indie. Ma ancora prima era un’idea che Disney non poteva accettare vista la natura del soggetto non proprio in linea con l’immagine della ditta e dal messaggio ambiguo come quello di un bambino che rianima i morti. Poi, vista la carriera imperiosa del nostro spettinato regista, proprio la Disney produce ora la riesumazione (è il caso di dirlo) del vecchio corto per trasformarlo in un lungometraggio.

Tra pupazzi animati a passo uno e un po’ di Computer Grafica, il miglior Burton possibile oggi, sfoggia l’ampio parterre delle ossessioni che formano la sua poetica con il disincanto perduto ormai troppi film fa.

In uno splendido bianco e nero che si rifà al corto originale, la bigia e altrettanto grigia e conformata provincia americana anni ‘50 – giurerei che da qualche parte tra le villette qualcuno armato di forbici sta potando in modo artistico qualche siepe – ospita una comunità di benpensanti dai figli animati da pulsioni non proprio sane.
Victor figlio del sig. Frankenstein è un genietto della scienza che ha per amico solo un cane, Sparky. Quando il cagnolino viene investito e ucciso da un’auto , il ragazzino decide di provare a rianimarlo attingendo alle informazioni di un professore di scienze illuminato. Quello che non sa è che i compagni di classe, invidiosi , gli ruberanno la tecnica per rianimare a destra e a manca i più disparati esseri ex viventi.

La fantascienza anni cinquanta dei mostri giganti che minacciavano la quiete della provincia americana si mischia con l’ironia dark di Burton e la cosa diverte non poco. Svuotati da ogni pretestuosità propagandistica da guerra fredda, i mostri in un paese sempre grigio sono solo prodotto della solitudine dei ragazzi, incapaci di ogni relazione normale. Ritratti da Burton con l’affetto che si riserva ai freak , soli nella caratterizzazione dismorfica che coincide con la condizione emotiva del loro animo, i bambini  si aggirano spettrali , invidiosi e malvagi ma al contempo innocenti nelle loro pulsioni. Puntano al mostro, poiché sono mostri. Ma non sanno di esserlo perché tutti sono mostri. E non possono pertanto definirsi disfunzionali, se non in confronto con i bambini idealizzati nella realtà.  La realtà di Burton è invece felicemente coerente, solo i genitori dei bambini sembrano non accorgersi di quanto siano mostri i loro piccoli.  Accusa mossa dal professore scienziato, di origine imprecisata (nell’originale interpretato da Martin Landau) verso il comitato cittadino, quando nella più cristallina schiettezza accusa tutti gli adulti di essere ignoranti, di non capire nulla di quello che sta loro intorno. “Apprezzano della scienza ciò che gli dà, ma non le domande che pone”. Ma che sia un’accusa diretta anche al di qua dello schermo? Forse, si.



Sublime film d’animazione, portatore di un’atmosfera rarefatta e onirica e rimembrante le ambientazioni dei film  Universal degli anni 30, sospeso tra l’horror e appunto la fantascienza, il film è anche – e non potrebbe essere altrimenti – una festa di citazioni che stratificano il film rielaborando l’immaginario fantastico di ogni cinefilo e appassionato al tema. Citazioni da Frankenstein e La moglie di Frankenstein di James Wale,  i Gremlins di Joe Dante, Beetlejuice,  Edward mani di Forbice e il Dracula di matrice Hammer (i genitori in televisione guardano Dracula il vampiro (1958) con Christopher Lee) vengono (ri)trattate con intelligenza e con gusto dello spettacolo, spazzando via ogni sospetto di ruffianeria con l’originalità delle idee. Grandissima ironia, nelle situazioni e nei nomi che da soli sono tutto un programma  a partire da Elsa (Lanchester, immortale eroina del film di Whale)  Van Helsing (!) la depressa ragazzina vicina di casa, fino ai nomi degli animali impressi sulle lapidi  nel Pet Cemetery .



Frankenweenie è una gioia per gli occhi, molto ricco di particolari e rimandi alla cultura cinematografica fantastica, ottimamente musicato con brani anni 50 e dal solidale Danny Elfman. Giustamente candidato agli Oscar come Miglior Film d’Animazione, non sarebbe assolutamente uno scandalo se andasse a vincere.

 

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