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Dell'ammazzare il maiale

Regia di Simone Massi vedi scheda film

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La recensione su Dell'ammazzare il maiale

di EightAndHalf
9 stelle

Il filo rosso del sangue e della presa di coscienza, chiave di lettura del mondo degli adulti. Simone Massi, già autore di ottimi cortometraggi animati fra cui il bello Tengo la posizione e il sublime La memoria dei cani, cerca di elaborare ancora una volta un mondo campagnolo privo della purezza sottesa a molti idilli popolari ma denso di quell'orrore che è la violenza, nei suoi aspetti (suoni) più brutali e nella sua trasformazione in abitudine, in fatto privo di importanza. Non c'è soltanto un intento animalista, in Dell'ammazzare il maiale (un titolo che sembra quello di un trattato letterario), ma la volontà di osservare con gli occhi di un bambino come il reale possa vorticosamente cambiare quando si è sottoposti a semplici esaustivi rumori, ad immagini che diventano flusso di coscienza e passaggio da una situazione a un'altra, carrellate fluide e piani sequenza animati, tutto all'insenga di un disegno netto e screziato, privo di colori, bianco e nero perché espressione di ingorda freddezza. E il filo rosso, il laccio della scarpa forse di uno dei boia del maiale (che mai si vede, diversamente dal cane de La memoria dei cani), è il carattere comune, quello del sangue, che trabocca e si diffonde, fuoriesce dal corpo del maiale in secondo piano (i grugniti ci entrano nella pelle, li percepiamo con l'orecchio del bambino da cui improvvisamente "usciamo") e raggiunge qualunque luogo, sia quello reale sia quello mentale, a contaminare la vera funzione del colore, quello della fantasia negata, e che deve cercare in qualcosa di vero, in un fagiano, la sua possibile affermazione. Poco conosciuto, benché premiato in numerose competizioni, Simone Massi possiede uno stile superbo e personalissimo, entra ed esce liberamente dai corpi, dalle teste, dagli occhi, dalle orecchie, per assumere i più disparati punti di vista, per osservare non tanto le trasformazioni della realtà ma le trasformazioni del nostro approccio. Il suo disegno, parzialmente colorato, era rievocazione dei luoghi e dei drammatici squarci paesaggistici 'fra le righe' dei testi di Pavese in Tengo la posizione, ed era il passaggio ondeggiante e vorticoso fra un mo(n)do (di vedere le cose) e un altro in La memoria dei cani, superbo apologo sulla crescita e sull'impossibilità della rassegnazione. E si pone attualmente a conclusione di una filmografia entusiasmante Dell'ammazzare il maiale, che in maniera equilibrata e squisitamente cinematografica dinamizza il proprio Io e ispira i sentimenti più discordanti per dare, in soli sei minuti, uno straordinario sguardo sul Male insito nel mondo, e di come esso possa apparire inoffensivo seppur nocivo. Visioni che non possono rassegnarsi.

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