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Ombre rosse

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su Ombre rosse

di giurista81
7 stelle

Siamo agli albori del western, John Ford gira Ombre Rosse mentre l'Europa, come dicevano gli Stadio, bruciava nel fuoco. Vera e propria pietra miliare del genere che, nonostante l'età, continua a essere moderna per tecniche di ripresa e interpretazioni. Ford, qua alle prese col suo primo western non appartenente al filone del muto, dimostra grande talento, soprattutto nella proposizione di sequenze altamente spettacolari e per l'epoca avanti anni luce rispetto alla concorrenza. Costruito su una sceneggiatura piuttosto essenziale, tratta dal racconto La Diligenza per Lordsburg (1937) di Ernest Haycox, è un point to point (si parte da una destinazione per arrivare a un'altra) sprovvisto di un vero protagonista. Si tratta infatti di un film corale che gioca molto sui rapporti tra i suoi tanti protagonisti, tra i quali un giovane John Wayne (ingiustamente incarcerato ed evaso dal carcere per vendicarsi dei finti testimoni che lo hanno incastrato), avendo nella resa visiva il suo punto di forza. Ford punta molto sugli ambienti desertici americani. Vediamo, in un'alternanza di campi lunghi e primi piani, la carovana immergersi nella Monument Valley facendo la storia del genere, con un ritmo discreto ma piuttosto sprovvisto d'azione (tutta concentrata nella parte finale). L'attacco degli indiani è costantemente nell'aria (si vedono stazioni distrutte, segnali di fumo alzarsi a orizzonte, così come vengono narrate incursioni violente e letali), ma tarda a manifestarsi. Ford e l'ex premio Oscar Dudley Nichols mostrano (alla sceneggiatura) le varie tappe della spedizione, che si ferma in postazioni determinate, dapprima scortata dalla cavalleria ma poi lasciata al suo destino. Il film procede a suon di dialoghi e di discussioni tra i tanti protagonisti, intervallati dalle tappe di spostamento a bordo della diligenza, tra gesti di cavalleria e conoscenze che sfociano in amore. Interessante anche l'evoluzione di questi rapporti, in particolare quelli tra le due donne della spedizioni ovvero Dallas, interpretata dal futuro premio oscar Claire Trevor, e la più sofisiticata Lucia Mallory, cui da corpo Louise Platt. La prima è una sorta di Bocca di Rosa, cacciata dalla città da una lega di mogli gelose dei passatempi dei propri mariti, la seconda invece è la moglie di un ufficiale militare. Il mestiere svolto dalla prima è tale da suscitare sdegno nell'altra donna che rifiuta persino di sederle accanto a tavola (salvo poi farsi aiutare e assistere da un baro). Dallas dimostrerà tuttavia gran cuore, assisterà la compagna quando questa ne avrà bisogno, atteggiamento che porterà quest'ultma a superare i pregiudizi. Una situazione che si ripeterà anche col personaggio di Wayne. Il Duca interpreta un personaggio il cui nome diverrà un marchio di fabbrica del cinema western italiano, da di fatti corpo a Ringo (un furfantello dai modi nobili, che non può offrire coppe d'argento alla sua amata, come invece fa l'altro piacione del gruppo, un giocatore professionista). L'importanza dell'amore e dell'happy end finale, tipica del primo western americano, è già presente qua (abbiamo anche la figura dello sceriffo integerrimo). Gli indiani, guidati da Geronimo, non sono minimamente caratterizzati. Li vediamo scagliarsi in gruppo all'attacco della diligenza in una sequenza (tutta giocata in un lungo inseguimento) degna del cinema degli anni sessanta. Ford dirige con alto gusto di genere. Mostra cadute di cavalli, voli di sella di stuntmen super acrobatici, sparatorie con John Wayne che si arrampica dapprima sul tetto della diligenza in marcia e poi si lancia sui cavalli che trainano la diligenza saltando da uno all'altro. Tutto molto bello. Pur se tronco, Ford gira anche un duello, uno contro tre, con John Wayne contrapposto a tre manigoldi. Per creare più pathos, gira solo l'inizio delle ostilità, mostrando Wayne armato di fucile nell'atto di gettarsi a terra e sparare contro la telecamera, salvo poi cambiare scena. Nel montaggio torniamo all'interno del saloon, dove vediamo entrare uno dei tre avversari di Wayne. Sembrerebbe il vincitore del confronto, ma invece, dopo alcuni passi, crolla a terra, evidentemente vittima di una ferita mortale. Un colpo di scena che diventerà un classico riproposto centinaia di volte. Wayne ce l'ha fatta e, dato l'apporto offerto per aver difeso la carovana, vedrà concendersi la possibilità di scappare in Messico con la sua amata, perché innocente e ingiustamente condannato.

Da sottolineare la spettacolare fotografia in bianco e nero, con molte inquadrature in cui si notano nubi bianche che ben spiccano dal background più scuro del cielo. 

Candidato a sette premi oscar, ne vinse due ovvero migliore attore non protagonista (Thomas Mitchell, nei panni del medico ubriacone che risce a far partorire una delle due donne facenti parte della spedizione) e migliore colonna sonora. 

Dunque un film che visto ai giorni nostri risente per una sceneggiatura non troppo elaborata, pur essendo sempre piuttosto moderno nelle scene d'azione. Ciò detto resta una pellicola che, a livello di studio e di sviluppo del genere, non può che essere definita con un termine: capolavoro. 

 

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