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Ombre rosse

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su Ombre rosse

di giansnow89
9 stelle

Pietra miliare.

C'è stato un tempo in cui un regista di film western poteva essere inquadrato in due sole categorie: o epigono o iconoclasta di John Ford. Tertium non datur. E Ombre rosse, nella sterminata produzione del cineasta americano, rappresenta senz'altro le Tavole della legge, il Quinto postulato euclideo, il manifesto della sua poetica dopo il quale nulla è stato più come prima. La trama di Stagecoach è, se vogliamo, anche piuttosto lineare, quasi banale: è una classica struttura restaurativa in tre atti. C'è l'introduzione di tutti i personaggi che saliranno a bordo della famigerata diligenza; c'è la definizione del problema (gli indiani; Luke Plummer), seguita dalle peripezie che portano all'atto finale; infine, la risoluzione del problema, gli indiani e Luke Plummer vengono sconfitti e il romantico pistolero può coronare il suo sogno d'amore, dopo essersi riscattato di fronte alla società. 

 

Di Stagecoach è rivoluzionaria l'introduzione di maschere definitive per la letteratura di genere, quasi un ricettario con tanto di ingredienti ad uso e consumo dei posteri su come si cucina un film western. Abbiamo il medico ubriacone, la moglie di un ufficiale timorata di Dio che attende il proprio consorte, il banchiere arrogante, lo sceriffo, il discreto e timido rappresentante di whisky (ma potrebbe esserlo di qualsiasi altra azienda, l'essenziale è che sia un personaggio passivo e pavido), il gentiluomo sudista che gioca d'azzardo, la prostituta cacciata dalle pie donne del paese, e infine lui, John Wayne, una canaglia che ha un conto da saldare con la giustizia e che ovviamente lo salderà, mettendo in gioco il suo onore e il suo codice morale. John Wayne è la maschera fra le maschere: il suo incedere solenne e deciso, l'aria bonaria e burbera, la spontaneità della sua recitazione, tutto fa di lui l'attore perfetto ed insostituibile per interpretare il personaggio à la John Wayne. 

 

Trama semplice, rapporti fra i personaggi complessi e mutevoli. Questo è Stagecoach. Si possono idealmente individuare due avversi schieramenti all'interno del microcosmo della diligenza: la frangia dei rispettabili e quella dei diversi, dei rifiutati dalla società. Al secondo schieramento appartengono ovviamente Ringo (John Wayne), pistolero evaso di prigione; la prostituta Dallas (Trevor) e il medico Boone (Mitchell). La diegesi del film consiste in un'inversione dei ruoli fra i rispettabili e gli indesiderabili: i primi dimostrano tutta la loro inanità di fronte ai problemi che si parano di fronte, mentre gli indesiderabili assurgono ad eroi, sia il medico che risolve l'emergenza del parto, sia la prostituta che rimane fianco a fianco dell'altera Lucia (Platt) nonostante sia da lei fortemente deplorata, sia come è ovvio, Ringo. Sembra quasi che Ford dimostri proprio attraverso il suo capolavoro quanto le maschere che propone siano evanescenti, ingannevoli, fallaci: sono ben lontane dall'essere stereotipi immutabili, sono personaggi a cui è stato pirandellianamente assegnato un ruolo dalla società, ed in quel ruolo non si rispecchiano. La minaccia indiana, che incombe per tutto il film permeandolo di un'atmosfera satura e grave, è il grimaldello che fa scaturire le vere personalità e le potenzialità nascoste dei personaggi, sia degli indesiderabili, sia della cricca dei rispettabili, che sono vuoi inutili, vuoi dei poco di buono essi stessi. Non vi è in Ford un intento sciovinistico né una critica alla causa indiana: gli indiani rimangono sullo sfondo mentre la polemica viene fatta sulla società, di cui la diligenza è felice e compiuto spaccato.

 

Infine, a Stagecoach va ascritto il grande merito di aver impresso al genere western un respiro psicologico e realistico togliendolo dalla dimensione avventurosa dei primordi. John Wayne è qui un uomo che vuole costruirsi una famiglia e vivere in un ranch, non cerca l'avventura solo per il gusto dell'avventura. La seconda rivoluzione western, quella degli spaghetti all'italiana, partirà rinnegando anche questo tipo di eroe, non insensibile alla malìa femminile, alle romanticherie, e nel tempo eccessivamente rammollitosi, imborghesitosi. Si ritornerà in un certo senso alla dimensione pionieristica della letteratura di Fenimore Cooper, svestendo tuttavia l'eroe di morale e dovere, in luogo della legge del giudice Colt.

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