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Qué tan lejos

Regia di Tania Hermida vedi scheda film

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La recensione su Qué tan lejos

di OGM
8 stelle

Due donne come Thelma e Louise. Però appiedate e tranquille, in cammino lungo le strade dell’Ecuador. Esperanza da Barcellona e Tristeza da Quito. Entrambe in cerca di qualcosa che è impossibile da realizzare: impossessarsi di immagini da portare via con sé oppure riconquistare l’ex-fidanzato che sta per sposarsi. Due inutili tentativi di fermare il tempo, che corre via e cancella tutto in un secondo. Le due ragazze, una turista ed una studentessa, sono dirette a Cuenca, e sono dovute scendere dal pullman, perché la circolazione è stata bloccata, in tutto il Paese, da una protesta diretta contro un provvedimento del presidente. Davanti a loro, si estendono centinaia di chilometri da percorrere in mezzo al nulla. Un itinerario punteggiato da singoli incontri casuali, ma che, fondamentalmente, è il melanconico viaggio di due solitudini: quella dei sogni che non si riescono a mettere a fuoco e quella dell’amore che, per una volta, risulta sconfitto dalle banali logiche del mondo. Il paesaggio è una vastità pacifica ma vuota, attraversata da sporadiche incarnazioni della follia, in una parte del globo in cui nada tiene a que ver con nada (niente ha a che vedere con niente), ossia tutto si mescola a caso, e ogni aspetto della vita, dalle vicende politiche alla quotidianità della gente comune, è governato da un allegro senso dell’assurdo. La stessa identità nazionale è storicamente ed etnicamente indefinibile, per una popolazione che non si considera né nera né bianca, e conta, tra i suoi antenati, sia le vittime del genocidio coloniale, sia gli autori dello stesso. Quel luogo è la vera terra di mezzo, che l’interruzione del traffico in attesa delle decisioni governative rende realmente sospesa tra passato e futuro,  come un grande animale sornione che trattenga il respiro. Lo spazio deserto e misterioso che separa il posto di blocco dalla città di Cuenca, la destinazione delle due ragazze, è la metafora delle cose che potrebbero unirsi, ma che invece restano inspiegabilmente lontane e sfuggenti, per poi, magari, incrociarsi quando meno se l’aspettano. Un’incredibile coincidenza di questo tipo è quella che capita a Jesús, quello strano vagabondo che trasporta, in un’urna, le ceneri di  sua nonna Angelita, e che in mezzo a quella desolazione,  incontra suo cugino, il quale poi, per ironia della sorte, è anche invitato alle nozze che Tristeza vorrebbe impedire.  I crocevia dell’esistenza sono quelli che in cui si aggregano compagnie male assortite: e ciò accade proprio lungo quel parallelo zero che segna il confine tra due emisferi speculari, quello dei conquistadores assassini  e quello degli indios sfruttati, quello dei viaggi organizzati e quello delle emigrazioni per necessità, quello che cerca la bellezza nella superficie (ad esempio, scattando la fotografia di un paesaggio andino) e quello che scava in profondità (riflettendo, attraverso i libri, sulla propria storia), quello animato da una facile speranza nel progresso e quello pervaso dalla tristezza di una condizione di umiliante impotenza.  Tuttavia gli opposti non entrano in conflitto, perché sull’invisibile linea dell’equatore essi vengono serenamente a combaciare, come, ad esempio, in quella paradossale figura di Jesús, che contiene in sé la vita e la morte, la realtà e la finzione (visto che è un attore), il sacro e il profano (dato che porta il nome di Cristo, però non sembra credere in niente). Questo istrionismo del disorientamento è l’universalità dei semplici, dei poveri, di coloro che non hanno una bandiera o un emblema in cui riconoscersi, e  per questo si fregiano di quello che capita, a cominciare dai colori della squadra del cuore, per finire con nomi di fantasia che hanno un significato in codice (come Teresa, che sceglie di farsi chiamare Tristeza). Qué tan lejos significa quanto distante: ed è un’espressione di straniamento, di nostalgia per le proprie abitudini, che assale all’improvviso il viaggiatore quando è tanto lontano da casa. Ed è, in senso lato, un’esclamazione di sgomento di fronte all’abisso insondabile in cui si perdono, per  il popolo ecuadoregno, le radici della sua natura così indeterminata, che non si sa bene come sia, né, tantomeno, come si vorrebbe che fosse. 

Sui Cinerepublic il profilo (artistico e politico) della regista Tania Hermida:
http://cinerepublic.film.tv.it/esordienti-tania-hermida/7702/

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