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Il delitto di Via Poma

Regia di Roberto Faenza vedi scheda film

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La recensione su Il delitto di Via Poma

di maurri 63
4 stelle

Simonetta Cesaroni muore la sera del 7 agosto 1990, a Roma in un palazzo di via Poma. Da quel giorno, sono passati più di venti anni. E, nonostante tutto, la verità non è ancora emersa. L'Italia è uno strano paese: laddove tutti sanno i fatti di tutti, tutti conoscono tutti, tutti parlano di tutti, in un fazzoletto strettissimo come quello della celeberrima strada nel quartiere Delle Vittorie, pare che nessuno abbia visto nulla. La complessa trama avrebbe potuto prestare il fianco a numerose fiction, film su grande schermo e dibattiti: invece, tranne qualche puntata alla Lucarelli (un genere a sè...), nessuno - anche attraverso nomi di fantasia - ha voluto cimentarsi con la storia. Ci ha provato, dopo un copione scritto e riscritto sette volte in sei anni e mezzo, Pietro Valsecchi, affidando poi la regia a Roberto Faenza. Primo errore: il torinese ha indubbio talento visivo. Ma, nella materia tipica del thriller giudiziario, si perde. Non prova a ricostruire l'accaduto, si ferma alla cronaca dell'evento. Riporta fedelmente, inventando un ispettore anomalo, Montella, interpretato da Silvio Orlando, che ha tutte le carte in regola per la peggior interpretazione da piccolo schermo (lui, che lavora sempre di sottrazione, così misurato, attento ai particolari, fornisce la faccia ad un cialtrone - come avrà mai vinto un concorso di polizia uno così? Chissà se questi lo sanno come si svolgevano le prove per essere ammessi a Castro Pretorio negli anni '80...- che pensa, dopo una telefonata notturna (!!) ad andare in vacanza, che non ha molto di meglio da fare in venti anni che seguire un caso solo (!!), ecc, senza mai dare uno spunto credibile, fisionomico e psicologico all'ispettore) la cronaca dei fatti, arcinota. Ci si potrebbe aspettare da uno della sua statura, e parlo di Faenza, che entri nel vissuto dei personaggi, ne prenda l'anima (parafrasando il titolo di un suo film bellissimo):neppure questa strada viene seguita. Va da sè che nella prima scena in cui il commissario schiaffeggia più volte Busco per farlo confessare, il sottoscritto scoppi a ridere: penso agli attori che stanno dando il peggio (il meglio?) ma, soprattutto a quell'episodio che vede coinvolti Totò e Peppino alla questura ("e dai, su confessa...", ). Secondo errore: la restituzione visiva del racconto è creata con una debole scenografia d'antan. Ciò, se si fossero spese poche decine di migliaia d'euro, sarebbe accettabile. Ma si tratta di un prodotto molto costoso. E vedere riciclati tutti gli ambientini della serie "Romanzo criminale" degli anni novanta, sinceramente mi lascia interdetto. La telecamera, che non ha stile, nè inventa (è una modesta fiction, è vero: ma il regista, per me, è molto oltre quelli televisivi), non pedina i personaggi, non cerca le prove di una responsabilità oggettiva, non suggerisce inquadrature sghembe, accattivanti od originali. Blandamente riporta ciò che si può leggere sulle enciclopedie generaliste internettiane. Chi era il colpevole? La prima regola di "genere" è il movente. Nessuno se ne preoccupa. Non si spiega cosa facesse davvero Simonetta in quegli studi. Perchè nessuno sapeva bene neppure che lavoro facesse, all'ombra del Campionato Mondiale di Calcio di pochi giorni prima. E perchè nessuno chiede (o ricorda) all'architetto Valle - morto nel 2000- particolari (l'accesso alternativo del fabbricato) ad altri poco conosciuti? Faenza fa di peggio: non ci dice neppure cosa abbia fatto Busco in questi anni. Dove abbia vissuto, come, ecc. Certo, la materia è incandescente. Ma diventa evanescente se limitata alle immagini non evocative. Chi era davvero Simonetta? Quali i suoi sogni? Chi erano i proprietari della società dove lavorava? Terzo errore, e concludo: un giallo di realtà può essere strutturato come racconto di "ricordo" (cioè evocato per contorno da chi ha conosciuto i fatti), come thriller politico ( similare) e vanno scandite con ritmo giornalistico le date, gli orari, il prima e il dopo. In tal caso, però, ci si ferma all'accaduto, poi si apre una finestra venti anni dopo. Infine, ed era la strada da seguire per il delitto di via Poma, alla "Salvatore Giuliano" di Rosi: tre fasi, quella che precede la morte (ma i caratteri dei personaggi sono mal disegnati, tanto da apparire a chi scrive bidimensionali, e non parlo di recitazione - mi sembra una spanna sugli altri la Bevilacqua), quella successiva ad essa, con le tre (!!) ipotesi di inquinamento delle prove, quella del processo (che, nella sua brevità, presta il fianco a dubbi di rilevanza enorme). In ogni caso, basta rileggersi le carte generiche per comprendere che non ci sono moventi che possano condannare Busco. E, io credo, un regista ha il dovere di infondre il dubbio. Non di suffragare ipotesi molto labili. Un ulteriore cattivo servizio di fiction, purtroppo.... 

Sulla trama

Trovata morta nell'appartamento di via Poma, Simonetta Cesaroni è al centro di un delitto di cui si cerca ancora il colpevole. Dopo oltre venti anni.

Su Roberto Faenza

Di indubbia capacità visionaria, Roberto Faenza ha avuto due carriere: nella prima, giovane arrabbiato con il sistema, dirige due lavori come "Escalation" ed "H2S", in cui si scaglia letteralmente contro il potere. Fu messo da parte, censurato e per un decennio costretto al silenzio. Grazie alla stima oltreoceano, tornò al lavoro, dapprima con un titolo profetico "Forza Italia", e poi con prodotti più commerciali, stile "Copkiller (l'assassino dei poliziotti)". Ma la sua forza suggestiva prese forma soparattutto in "Jona che visse nella balena", poi in pratica copiato da Benigni (malamente) con "La vita è bella" e successivamente con "Prendimi l'anima" dove, nonostante svarioni di sceneggiatura, si racconta del contorto rapporto tra Sabina Spielrein e Jung. Il suo merito più grande è stato quello di dividersi tra ambizioni d'autore giuste e pubblico, che non ha mai sottovaluto. Oltre a cadute di tono ("Marianna Ucria", "I giorni dell'abbandono"), va segnalato almeno un capolavoro, "Alla luce del sole", sull'omicidio di don Pino Puglisi (attenzione alla scena iniziale: può far molto male agli amanti degli animali). In questo "Delitto di via Poma", come si direbbe in gergo, si limita a dirigere il traffico. Con il suo straordinario (e difficile) trascorso, ci può stare.

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