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Gli occhi che non sorrisero

Regia di William Wyler vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gli occhi che non sorrisero

di Eliaabbondanza
8 stelle
Benché questa versione del celebre romanzo scandalo di Theodore Dreisier ne edulcori molti aspetti (ripulendolo dall'aspra carica satirica e dalle tematiche piu' scottanti che ne resero possibile la lettura integrale, senza rimaneggiamenti, cenni di censura o correzioni soltanto nel 1980: ricordiamo che il libro era stato pubblicato per la prima volta nel 1900!), e' impregnata  dello stesso pessimismo e della stessa afflizione che echeggiano dalle pagine del testo originale , non tradendone cosi lo spirito di fondo, mantenendone intatti l'efficacia e la ferocia nel narrare ( con crudo realismo e senza sentimentalismi inutili)la rapida discesa verso l'oblio e la degradazione in cui sprofonda sempre piu' rapidamente il protagonista maschile( George Hurstwood, direttore e capo cameriere di un ristorante di lusso), l'umiliazione, il declino, la rinuncia a una posizione sociale medio-alta a cui e' disposto ad andare incontro  per poter star vicino alla donna che ama , nella speranza che quell'amore possa riscattare anni di soprusi e mortificazioni( conseguenza di un matrimonio "sbagliato", basato esclusivamente  sull'odio e sul rancore, un rapporto in cui non vi é la benché minima traccia di stima o affetto), speranza che finirà col rivelarsi solo una triste illusione, un illusione che gli si rivelerà fatale. Un soggetto decisamente nelle corde di William Wyler( che riesce ancora una volta, subito dopo aver diretto L'ereditiera e Pietà per i giusti, entrambi capolavori, a dimostrare il suo ineguagliabile genio, di cui questa pellicola, nella sua armoniosa perfezione d'insieme, resta uno degli esempi piu' fulgidi) ,che ne affronta con una forza ed un coraggio immensi molte delle scelte piu' sgradevoli( l'aborto di Carrie, la sequenza del dormitorio per i poveri, tolta dalla Paramount, all'insaputa del regista, perchè ritenuta troppo cupa e sconfortante) arrivando a realizzare una delle storie d'amore piu' strazianti e crudeli del cinema hollywoodiano anni'50 e il suo miglior film del decennio( decennio ,va ricordato, in cui presero forma i ben piu' celebri e celebrati ,ma sopravvalutati, Ben Hur e Vacanze romane, che, pur pregevoli, valgono la metà di questo Gli occhi che non sorrisero), il piu' significativo ,quello che meglio ne rappresenta le virtu', l'ideologia, il talento della messa in scena e la maestria nel dirigere gli attori( da cui, come sempre, ricava il meglio), il piu' rischioso, dotato sia della profonda carica dolente e della  malinconia struggente de "i migliori anni della nostra vita"  sia  dei toni sferzanti e implacabili delle" Piccole volpi"( forse i suoi due lavori piu' emblematici) :l'intensità e la sensibilità con cui tratteggia il personaggio di Laurence Olivier , disposto a tutto pur di assicurare un avvenire alla sua compagna e al bambino che porta in grembo ( arrivando a mercanteggiare per ottenere un umile lavoro da sguattero)finendo pero' col veder fallire inesorabilmente ogni suo tentativo di rivalsa( fallimenti che Carrie, in un impeto d'ira, gli rinfaccia, senza arrivare a comprendere fino in fondo i sacrifici a cui lui si sottopone, seppur inutilmente, per non farle mancar nulla, per renderla felice, per non deluderne le aspettative ). accresce la tensione drammatica sequenza dopo sequenza , raggiungendo nei momenti salienti vertici emotivi altissimi( come nella scena in cui Hurstwood  vorrebbe tentare un ricongiungimento con il figlio,  salvo poi sottrarsi all'ultimo momento nel vederlo sbarcare felice assieme alla sua giovane sposa, contornato da gente elegante e benestante, vergognandosi di mostrare le misere condizioni a cui si é ridotto, finendo col coprirsi il volto con una mano per non farsi riconoscere) che raggiungono il loro culmine nel finale, in cui Olivier, ormai debole e malato, mantiene comunque l'orgoglio di non elemosinare aiuti e protezione da Carrie (ora attrice di successo), la donna a cui lui stesso, tempo prima, avrebbe voluto regalare protezione e sicurezza, preferendo cosi' andare incontro alla morte in un segmento ricco di poesia e particolari che ne irrobustiscono l'autorevolezza (lo specchio in cui il protagonista, rimasto solo, vede la sua trasformazione da signore rinomato, curato e distinto  a trasandato senza tetto vestito di stracci; l'accensione, e l'immediato spegnimento della fiammella del gas, preludio ad un inevitabile, per quanto non mostrato , suicidio). Un film impietoso nel rappresentare una società egoista, perbenista , bigotta e vendicativa , legata esclusivamente al denaro e schiava dell'apparenza( la bambina a cui viene detto dai genitori di non rivolgere la parola a Carrie, solo perchè , pur sempre gentile e garbata, convivente senza essere sposata), una società viscida e senza cuore in cui non si può trovare conforto nemmeno all'interno del focolaio  familiare ( mai d'aiuto o di conforto, anzi il contrario: un covo di vipere perennemente d'ostacolo e interessato esclusivamente al proprio tornaconto e al mantenimento del proprio "buon nome"; e non sto parlando solo della moglie di Hurstwood, una Miriam Hopkins perfida e avida ai massimi livelli, ma anche della sorella e del cognato di Carrie, disposti ad aiutarla solo in cambio di soldi e pronti a cacciarla via senza esitazioni e senza preavviso appena venuti a conoscenza di un prestito da lei accettato, regalo di  un uomo cordiale che l'ha aiutata disinteressatamente vedendola in difficoltà in seguito al licenziamento: uno scandalo impensabile secondo loro, motivo  di disonore e poca rispettabilità!) e dove a nessuno è concessa una seconda opportunità: al primo errore non sei piu' degno di farne parte, e non puoi che affondare.
 Si assiste ad  un meraviglioso saggio di recitazione, con un Laurence Olivier inarrivabile e una Jennifer Jones deliziosa(capace di incarnare alla perfezione lo spaesamento iniziale di un ingenua e semplice ragazza di campagna immersa tra la folla di una grande metropoli o all'interno di un ristorante chic , dove ammira con sguardo famelico quasi chapliniano le numerose e succulente portate che le passano davanti e dove, molto buffamente, sussulta spaventata davanti a un flambè , rimanendo affascinata e assieme intimorita da un lusso che non ha mai vissuto e che le pare irraggiungibile)  che sostituisce la freddezza e la spregiudicatezza del personaggio originale con una dolcezza e un innocenza che giovano al risultato finale, rendendolo piu' accessibile al grande pubblico; notevole anche la ricostruzione dell' atmosfera dell'epoca : scenografie e costumi ricevettero la candidation all'Oscar, e vanno a completare , assieme alla pregevole fotografia di Victor Milner e alla trascinante colonna sonora di David Raksin, un reparto tecnico di prim' ordine.
Consigliatissimo! voto: 8.
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