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Nuovo Cinema Paradiso

Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film

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La recensione su Nuovo Cinema Paradiso

di LorCio
10 stelle

Salvatore Di Vita, detto Totò da bambino, regista affermato, che riceve la telefonata della madre che lo informa della morte del vecchio protezionista Alfredo, l’uomo che gli ha insegnato ad amare il cinema. È l’inizio di una notte tormentata da ricordi dell’infanzia passata nella sala cinematografica e in seguito, dell’adolescenza, trascorsa in cabina di proiezione con i primi turbamenti amorosi. Fino alla fuga, indotta da Alfredo, verso Roma. Tanti avvenimenti in questi anni di ricordi: la notizia della morte del padre, l’incendio del cinema che provocherà la cecità di Alfredo, l’incontro con la borghese Elena.

 

A metà tra commedia drammatica e tragico melodramma popolare, Nuovo cinema Paradiso è il film italiano più importante degli anni ottanta, forse perché è quello che li interpreta meglio. È una storia intima, ma anche collettiva, che abbraccia vent’anni di storia patria e di provincia siciliana, dove le signore spalmano passate di pomodoro sulle tavole di legno in piazza, il tosatore di pecore taglia i capelli dei bambini, si vendono le calze usate, le maestre sbattono le teste dei bambini asini sulle lavagne e dove, soprattutto, il prete “purifica” le pellicole “pornografiche” ordinando ad Alfredo di tagliare le scene con i baci.

 

Che poi verranno attaccati, appiccicati alla male peggio dal cieco Alfredo per Totò, come atto d’amore verso il cinema. pare dovesse chiamarsi Baci tagliati, alla Truffaut. Ma il cinema è solo una carrellata di baci, come nella splendida, commovente scena finale? Non importa: ciò che conta è il fascino di un’epoca irripetibile. Celebrazione della nostalgia? Certo, però sincera. Tornatore, tecnicamente grande regista, offre pane per i denti dei suoi detrattori: ridondante, passatista, ruffiano, enfatico, fotoromanziere. La questione si può capovolgere tranquillamente: rapsodico, elegiaco, affabulatore, popolare, melodrammatico.

 

Cinema epico dell’intimità che si nutre di cinema, che ha un travolgente piacere del racconto, una specie di sintesi di Leone (la dilatazione e il movimento), Matarazzo (le passioni contrastate del popolo) e Visconti (l’idealizzazione dello spazio). Apporto fondamentale, l’impetuosa colonna sonora di un Ennio Morricone mai così scatenato è il contrappunto straziante e meraviglioso del film. Cast capitanato da un immenso Philippe Noiret e dalla meteora Salvatore Cascio, con partecipazioni rilevanti di Leopoldo Trieste, Pupella Maggio, Leo Gullotta e Enzo Cannavale. La sua storia produttiva e distributiva merita un film a parte (e comunque onore a Franco Cristaldi, a tutti gli effetti coautore dell’opera).

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