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Royal Affair

Regia di Nikolaj Arcel vedi scheda film

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La recensione su Royal Affair

di giancarlo visitilli
8 stelle

La storia che non si racconta neanche sui libri. E’ come sfogliare un album, un bell’album, di fotografie, leggere un romanzo, un ottimo romanzo, quest’opera di Nikolaj Arcel. Rifuggendo dai classici luoghi comuni, tipici di chi si avventura in storie come queste, il regista ci riporta nella Danimarca del 1770, per raccontarci la storia impossibile e segreta della regina Caroline Mathilda con il medico del re, l’influente Struensee. Grazie alla loro storia d’amore, cambierà per sempre il destino dell’intera nazione. Perché quella fra Mathilda e Struensee era anche una relazione intellettuale, fortemente influenzata dai filosofi illuministi, Rousseau e Voltaire, e dalla musica del tempo, essendo la stessa Mathilda una pianista e amante dei libri. La storia d’amore non impediva alla regina, tantomeno al suo amante di occuparsi delle ‘cose pubbliche’ con dovizia e spirito di appartenenza. A dimostrazione di come la cultura è fondamento di vere e grandi rivoluzioni, da questa reale e sconosciuta storia, rileggeremo la grande Storia di una nazione che ha completamente ribaltato il proprio ordine sociale. Eppure, anche allora esistevano capi regnanti, come il ventunenne Christian VII, che vivevano nella dissolutezza, fra orge, vizi e inconcludenze; anche allora c’erano donne intelligenti, come la moglie del re, capace di riconoscere la ‘malattia’ del marito e di invocare l’aiuto di chi gli stava più vicino. E’ la storia che si ripete. E che solo nel nostro Paese non riesce a riscattarsi, come già alla fine del Settecento, in Danimarca.

L’opera di Nikolaj Arcel è importante anche per la sua attuale storicizzazione in questo tempo, a prescindere dalla triste e imbarazzante situazione del nostro Paese. E’ un film che fa riflettere sul tormento dei protagonisti, che guidano, o dovrebbero guidare le sorti dei popoli. Arcel è supportato da un trio di attori eccellenti, da Folsgaard, giustamente premiato al Festival di Berlino, al sempre più bravissimo Mads Mikkelsen. Ma è un film scritto bene, tanto da essersi meritato, lo stesso regista, allo stesso Festival, anche il premio per la sceneggiatura, che ha una compattezza invidiabile, anche rispetto a tanto cinema storico che vedremo prossimamente in sala. Tant’è che Royal affair fa pensare molto alla consistenza della scrittura di Barry Lyndon (1975). Ci sarebbe stato il rischio del racconto del triangolo amoroso in costume d’epoca, invece, forse anche perché il regista racconta tutto così come nella storia reale è accaduto, il film riesce ad essere la concreta dimostrazione di come una storia del passato può riflettere la situazione di idee, quelle dell’Illuminismo, talmente attuali, da risultare ancora urgenti nella loro messa in atto. Perché sulle idee di Rousseau, Voltaire e Diderot, da allora, noi europei, continuiamo a costruire la Storia. Che nei singoli paesi, spesso è ridotta a fatti, storielle e vicende personali, che mai, in nessuna democrazia, però, dovrebbero intaccare gli affari di un popolo. Prima di tutto.

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