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I primi della lista

Regia di Roan Johnson vedi scheda film

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La recensione su I primi della lista

di supadany
8 stelle

Fare piccoli film sinceri ed onesti, è ancora possibile anche da in Italia?

Dopo aver visto “I primi della lista” la mia risposta è (o meglio dire, diventa) affermativa infatti, nonostante evidenti limitazioni di mezzi (e pure alcune ingenuità non mancano), questa pellicola riesce genuinamente a toccare corde che tendenzialmente rimangono troppo spesso sopite.

Italia 1970, gli ambienti di sinistra sono in fermento, gli scontri con la polizia sono sempre più duri e qualcuno teme che si stia preparando un golpe.

Di questo ne è ultra convinto Pino Masi (Claudio Santamaria) che convince due ragazzi, Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni), a fuggire da Pisa prima che la situazione precipiti completamente.

Cercheranno di valicare il confine e dopo aver rinunciato alla tappa jugoslava opteranno per l’Austria, ma intanto le cose non si evolvono proprio come aveva pensato, con gran sicurezza il Masi.

Felice esordio per Roan Johnson che racconta agilmente, seppur non sempre con la massima continuità, una storia piacevole e non banale che ben si cala nel contesto del periodo (almeno per quanto mi è possibile immaginare) con squarci surreali che sanno andare più volte oltre la semplice commedia “on the road”.

Tre personaggi molto diversi (il “mitomane” Pino Masi, il giovane già più addentro alla situazione ma sempre destinato a seguire gli altri, e il giovanissimo Renzo Lulli che ha bisogno di credere in qualcosa e di sentirsi partecipe della stessa), che anche per questo si amalgamano molto bene, per un’avventura (fuga) giocata sulle occasioni (i carri militari in processione, peccato che stiano andando a Roma per la festa del 2 giugno, i militari italiani alla frontiera che li inseguono armati) che fanno credere che la fantasia più fosca stia per divenire realtà.  

Non mancano affatto situazioni che sembrano quasi irreali (ma quando si ha paura tutto diventa più difficile e le scelte spesso escono dal ramo della logica), dialoghi stralunati e occasioni dove i dubbi emergono (nel carcere austriaco) per un contesto accattivante che trova alcuni sviluppi creativi interessanti (la fuga del Lulli nel bosco e soprattutto il suo risveglio tutt’altro che tranquillo).

Le carte in tavola si mescolano più volte (la lavata di capo ed il risveglio è inevitabile) e l’ultima primizia è rappresentata dagli incontri prima dei titoli di coda tra gli interpreti e i personaggi reali rivisti oggi con le didascalie su cosa stiano facendo attualmente (e non è difficile intuire che al Masi è andata peggio di tutti).

Lavoro dunque piacevole e rigenerante, e grazie a quest’ultima qualità, tutt’altro che banale, riesce a trovare una sua costruttiva ragion d’essere che gli permette di andare ben oltre ai limiti imposti da un esordio e da una produzione che non concedeva certamente salti mortali (per cui vale la pena di chiudere un occhio quando la ricostruzione storica è un po’ titubante).

Aria fresca.

Su Roan Johnson

Esordio di tutto rispetto.
Bravo a dettare i tempi della narrazione e sorprendente quando scompagina le carte in tavola.
Interessante.

Su Claudio Santamaria

A lui spetta il personaggio più variopinto e difficoltoso, ovvero Pino Masi, che più volte fa la voce grossa e punta sempre dritto sulle sue convinzioni anche di fronte all'evidenza opposta.
Bravo. 

Su Francesco Turbanti

La parlantina toscana aiuta sempre.
Di certo la sua non è una recitazione di classe cristallina, ma comunque non manca di denotare un felice piglio e un pò di personalità.

Su Paolo Cioni

Il più "sfigato" del trio, trova comunque il suo spazio.
Più che sufficiente.

Su Sergio Pierattini

Assolutamente credibile nel ruolo del padre di Renzo.
Adeguato.

Su Daniela Morozzi

Se il padre è quello severo, la madre è quella che apre sempre uno spiraglio per permettere al figlio di "scoprire" la vita.
All'altezza.

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