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Quasi amici - Intouchables

Regia di Olivier Nakache, Eric Toledano vedi scheda film

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La recensione su Quasi amici - Intouchables

di wundt
4 stelle

Bene, non ci si può esimere. Nemmen volendo. E' il caso dell'anno, il fenomeno di metà stagione, il cult divenuto cult ancor prima di esserlo. "Quasi amici" é un (quasi) bel film, nonostante orde barbariche di spettatori non lo ammetteranno mai; "L'ho visto proprio ieri, sa? L'ho trovato bellissimo", afferma una 'sciureta' milanese in coda al supermercato. Neanche ci provo a spiegarle che no, non é vero. Tempo perso.
Poi si sa, ogni tanto Hollywood si rilassa, sbaglia qualche film di troppo, e zac, ecco pronti, dietro al cespuglio, i francesi, pronti a riversare su pellicola mille idee, mille intuizioni, mille presunte genialate covate nel tempo in attesa di momenti migliori. Ecco, sono arrivati i momenti migliori (ma per l'Italia, questi momenti, quando arriveranno?). Un po' come negli anni '60 e '70 quando i francesismi modello Alain Delon, Jean-Paul Belmondo e Lino Ventura funzionavano a meraviglia. 
Ma torniamo a bomba. Si diceva di "Quasi amici". Favoletta stereotipata e difficilmente reale (a meno che non si sogni perennemente ad occhi aperti, o non si creda a Babbo Natale, a Topolino e la Befana). In sintesi: c'é un tizio sulla carrozzina, un disabile ricco che, diciamo, ha sempre vissuto nella bambagia e nel lusso, di là c'é un francese di colore, appena uscito di galera, rozzo e scontroso abituato alla miseria e alla disperazione. Ualà, e il quadretto é servito. Due stereotipi in un colpo solo: il bianco e il nero, il povero e il ricco. Poi succede che dopo una serie di scontri dovuti al carattere dei due, finalmente si capiscono, si comprendono, si completano, si adorano. Caspita, pelle d'oca. Ma la novità dov'é?
Risposta: non c'é. Eppure il film piace a tutti, belli e brutti. E, in effetti, qualche pregio l'ha: il diverso linguaggio utilizzato dai due i quali, almeno inizialmente, non riescono a capirsi l'un l'altro; le situazioni spericolate in cui si vengono a trovare (corse in macchina a 200 km/h comprese); lo sviluppo narrativo che, seppur banale, lascia spazio ad un sano cinismo il quale, ahimé, va via via evaporandosi. E l'enorme verve interpretativa dei due protagonisti, eterni vincenti/perdenti compressi in una altalena di sentimenti.
Il resto é all'acqua di rose, dalla regia (si sono messi in due, mah...) alla sceneggiatura, mestamente prevedibile nonostante un soggetto di partenza (l'opera letteraria da cui é tratto il film) di indubbia efficacia. Rimane un dubbio: e se i due protagonisti fossero stati entrambi bianchi o entrambi neri, e se fossero stati entrambi poveri o entrambi ricchi sarebbe cambiato qualcosa? Risposta: sì. Il film sarebbe stato più arguto e intelligente, mentre il pubblico sarebbe rimasto a casa. La banalità, come sempre, paga.

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