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Detachment. Il distacco

Regia di Tony Kaye vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Detachment. Il distacco

di Utente rimosso (LGiulia)
8 stelle

Il regista britannico Kaye mette in scena un film toccante e dai toni molto malinconici: "Detachment". 

La pellicola in apertura mostra, usando il bianco e nero in netto contrasto rispetto ai colori vividi del film, dei doc in cui i docenti parlano di loro stessi e dell'insegnamento, al fine di dare maggiore veridicità al messaggio che vuole essere trasmesso. Quindi, veniamo introdotti al mondo di Barthes (Brody), supplente e uomo emozionalmente molto segnato (tanto che per tutto il film vedremo flashback della sua infanzia, il cui contenuto, seppur abbastanza intuibile, sarà da lui svelato solo verso la fine), e a quello di questa degradata scuola di periferia negli States. Quindi seppur il punto focale del film riguardi la figura del pedagogo, il senso dell'istruzione, la libertà che possiamo conseguire solo tramite la liberazione della nostra mente e questa larghissima fascia di adolescenti che crescono in uno stato di emarginazione e disagio sia sociale che familiare, io non trovo fuori luogo affermare che ci sia anche un'analisi più profonda e parallela della figura dell'adulto e del modo in cui vive e sviluppa le proprie emozioni. Mi spiego: tralasciando per un attimo Barthes, anche gli altri insegnanti vengono osservati nel loro contesto lavorativo e personale, mostrando le fragilità e le sofferenze che si trovano a fronteggiare in ambedue gli ambiti: a scuola falliscono il loro compito di mentori; in famiglia o nel privato, non si sentono all'altezza della situazione e vivono in stato di paranoia o delusione di aspettative non avverate. E questo discorso lo riprende lo stesso Barthes nelle pause in cui affronta il proprio monologo, quasi stesse "analizzando" i fatti e se stesso. La sua vita distaccata è frutto di un disagio profondo che lo ha devastato nell'infanzia e che lui non ha mai metabolizzato, vivendo in uno stato sospeso fra il ricordo di ciò che fu, il dolore del presente, e un desiderio malinconico e pessimista riguardante il futuro. L'incontro con la giovanissima prostituta Erika, cui lui presterà aiuto e alla quale si legherà di un sincero affetto, è forse l'unico momento della sua vita in cui riesce a spostare un mattoncino dell'enorme muro che ha eretto verso il mondo esterno. Ma non è circondarsi di solitudine che ci preserverà dal dolore, perché siamo noi i primi ad infliggerci il male più grande e insopportabile. Barthes capirà (forse) che non si può colmare il vuoto con altro vuoto proprio l'ultimo giorno del suo incarico da supplente, quando una alunna problematica farà un gesto estremo, dimostrando come il vuoto, appunto, la mancanza di dialogo tanto nella scuola che nella famiglia e questa società basata solo su inutili stereotipi e modelli quanto mai criticabili siano sempre più una gravissima piaga e un male al quale ribellarsi. Emblematico il finale, con una lettura di Poe, e la scuola desolata, vuota e abbandonata. 

Un film senza dubbio molto angosciante, diretto al pessimismo, fortemente critico, malinconico e dai toni forti. Ma non privo di tocchi di speranza (Erika è la luce del film) e di desiderio di cambiare le cose.

Brillante l'intero cast, la performance di Brody è superba e veramente emozionante. 

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