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Argo

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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ariadne45

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La recensione su Argo

di ariadne45
4 stelle

Una vaga sensazione di diffidenza ha preceduto la visione di questo film, pur accompagnato da gran tam-tam di critica e di pubblico, come sembrava confermare l’ampia platea di spettatori di questo sabato sera. La veridicità della storia non è di per sé, a mio parere, d’incoraggiamento alla visione, ma ovviamente nemmeno di ostacolo: come tutti sanno il “come” è più importante del “che cosa” e tuttavia in un film come questo, impropriamente definito thriller, il sapere già “come va a finire” toglie quasi del tutto la tensione (i quattro pallini di Film Tv mi paiono francamente eccessivi) cui lo spettatore giustamente anela. Si indovina anche facilmente fin da subito che il padre separato si ricongiungerà felicemente alla famiglia alla fine del film e che l’eroe solitario della migliore tradizione americana porterà a termine la sua missione contro tutto e contro tutti. Il film parte anche con troppa lentezza e prolissità, per essere definito un film d’azione; il contesto storico-politico è descritto all’inizio superficialmente e con mezzucci da rotocalco, come le foto dello scià prima con Soraya poi con Farah Diba, poi con approssimazione manichea, con i cadaveri degli impiccati appesi alle grù e gli iraniani rappresentati come stolidi gorilla (quasi comico l’inseguimento finale dell’aereo ovviamente destinato all’insuccesso). Tutto è molto prevedibile (anche appunto perché già noto, ma non solo): dall’idea del finto film che viene ad Affleck mentre guarda la tv con il figlioletto ai contrattempi che sembrano mandare a monte il piano come la mancata conferma dei biglietti e la ricomposizione del puzzle delle foto dei fuggitivi con primi piani a effetto delle foto scattate dagli iraniani. Gli “ospiti” sono presentati senza nessuno spessore psicologico, sembrano capitati lì per caso come comparse del film fasullo, altri personaggi come l’ambasciatore canadese e la fedele colf sono altrettanto inconsistenti, ma anche i due “caratteristi”, l’uomo della CIA e l’uomo di cinema sono tratteggiati abbastanza schematicamente. Su tutto campeggia l’intensamente invariata espressione di Affleck, bello quanto basta per far sospirare le signore. Fastidiose le connotazioni “d’epoca” come le didascalie indicanti luogo e giorno (mai sopportate), e i finalini che ragguagliano sulla sorte del protagonista.

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