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Argo

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su Argo

di ROTOTOM
8 stelle

Ad un certo punto Alan Arkin dice “Anche una scimmia può imparare a diventare regista” e l’inquadratura successiva è dedicata faccia immota di Ben Affleck. Regista. ARGO tratta di una storia vera e lo fa con lo stratagemma del film nel film. Quindi la battuta di Arkin esce dallo schermo dando volutamente una nota meta-cinematografica,  disimpegnata e autoironica alla realizzazione di quello che fu architettato, nel 1979 come un inganno ad arte.  Un inganno ad arte che dura da più di cento anni è il cinema, e la gente non vede l’ora di farsi ingannare dalla realtà fantastica che viene messa in scena nello spazio bianco dello schermo. Questo film nel film non è da intendersi come ripresa di una ripresa. Piuttosto di ripresa di una produzione di un film che dovrà fare sognare e confondere gli occhi per un tempo sufficiente per compiere una missione disperata.

Dissolvenza in nero. Flash back
Iran – esterno – giorno


Theran , 1979. I rivoltosi iraniani assaltano l’ambasciata USA . Gli impiegati dell’ambasciata vengono tutti  presi in ostaggio tranne sei  che si rifugiano nell’ambasciata canadese. L’agente della CIA Tony Mendez  deve intervenire per trarre in salvo i rifugiati prima che vengano scoperti e giustiziati. Per fare questo, con l’aiuto del produttore hollywoodiano Leister Siegel  e del truccatore premio Oscar  John Chambers monta una produzione di un film di fantascienza inesistente, ARGO, per recarsi in Iran in cerca di location e estrarre i sei impiegati dalle grinfie dei rivoltosi facendoli passare per membri della troupe.

ARGO era il titolo del film. Il senso del titolo si perde nella traduzione italiana. La battuta ripetuta “Argo vaff….lo” non ha un senso mentre in inglese si scopre essere una battuta nonsense “Ar, go fuck yourself”. ARGO quindi non c’entra nulla con Giasone e divinità più o meno note. Il tenore del film però si regge su questo registro, drammatico – commedia. Se non fosse una storia vera, sarebbe il classico film da giudicare come inverosimile, invece l’inverosimile venne usato come verosimile ricerca di location per una mediocre storia di fantascienza. Era appena uscito Guerre Stellari, la fantascienza tirava e aveva fatto breccia anche tra i cuori duri e puri dei ribelli-miliziani iraniani.

Torniamo alla faccia immota di Ben Affleck che stempera la fissità della recitazione confondendola con una fitta barba seventies. L’unica nota stonata di un film bizzarro e appassionante è proprio la parte da agente CIA del buon Ben, parte  che non gli si addice affatto. Ottima invece la regia, ruolo nel quale Affleck si sta prendendo ben più soddisfazioni rispetto alla sua presenza di fronte alla macchina da presa, vedi The Town e ancor di più l’esordio tratto da David Lehane Gone baby gone.

ARGO ha la potenza del cinema politico anni 70, dall’ottima ricostruzione storica, serrato e scandito da tre momenti ben precisi, alternati nella successione tensione-alleggerimento che permette di non premere troppo sul registro drammatico e al contempo di annotare un “dietro le quinte” della produzione hollywoodiana inedito e sarcastico. Base CIA, con a capo il grande caratterista Bryan Cranston, fotografata con i toni freddi dell’ufficio dei burocrati;  l’ambasciata Canadese che ospita i rifugiati americani, calda e ospitale che ricrea una sorta di normalità famigliare; l’Hollywood dei due collaboratori di Mendez, chiassosa e luminosa, alla quale è affidata la parte commedia del film. Alan Arkin e John Goodman  in stato di grazia, sembrano Stanlio e Ollio. Così istrionici e divertenti superpartes, rappresentano gli ingranaggi della macchina del sogno, i felici demiurghi dell’inganno per professione. Ben Affleck regista dosa alla perfezione azione e introspezione, commedia e dramma in un equilibrio sofisticato ed efficace scandito dal ritmo. Non molla un’inquadratura neppure per un secondo e conduce spedito nel climax degli ultimi venti minuti dove la tensione è tirata al massimo. Venti minuti al cardiopalmo che comprimono lo spettro temporale della realtà della fuga dall’aeroporto dei sei ricercati, nella meraviglia del cinema d’azione.

 In modo forse un po’ ruffiano un rapido, iniziale, mea culpa sulle nefandezze dei servizi segreti degli anni 70 in Iran serve come territorio sul quale stendere una storia  Americana con la A maiuscola ma diluita nel politically correct che slava un po’ le coscienze di chi guarda. Non è uno sberleffo nei confronti degli iraniani, intendiamoci, anche se loro vengono raffigurati in maniera un po’ più rozza dei nostri così da far risaltare l’elemento umano, inteso come civile, come motivo della vittoria ultima e della riuscita della missione. L’elemento politico è solo accarezzato e serve come base, ARGO è un film assolutamente hollywoodiano   che sfrutta tutti i meccanismi del cinema per creare spettacolo al di là di qualsiasi verità. Ma lo fa in  maniera intelligente e cinematograficamente non banale. Non è poco. Candidato agli Oscar , sarà protagonista, credo. 

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