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Educazione siberiana

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Educazione siberiana

di maurizio73
4 stelle

Storia di due ragazzi cresciuti come fratelli in una famiglia di criminali appartenenti al clan dei 'Siberiani', deportati durante il regime stalinista nelle impervie e ostili regioni della Siberia occidentale, ma diversi per indole e rispetto per le rigide regole della comunità malavitosa. Dal loro apprendistato criminale negli anni '80 alla loro adolescenza durante la caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell'impero sovietico, le loro strade si dividono inesorabilmente fino ad una drammatica resa dei conti alla fine degli anni '90 dove l'uno dovrà lavare col sangue dell'altro l'oltraggio subito da una creatura innocente e indifesa...
Dal soggetto del fenomeno editoriale dello scrittore italo-russo Nicolai Lilin e sulla sceneggiatura di melodrammatica epica romanzesca della premiata ditta Rulli&Petraglia, il Salvatores del cinema nazionale (a volte di fatto e più spesso solo di nome), trae questa roboante e buonista epopea familiare in salsa tartara, coniugando da un lato i clichè e la retorica finto nostalgica dei modelli scorsesiani di riferimento e dall'altro la inattendibilità storica e culturale di una dimensione familiare ed antropologica mille miglia lontana dalle ragioni e dalla realtà delle comunità criminali che infestavano la 'purezza' ideologica e  l'imperio istituzionale della 'Grande Madre Russia' ai tempi del regime stalinista (baste leggere i pochi riferimenti di Salamov sulla natura di spietati 'rubagalline' di questa genie di criminali nei suoi 'Racconti della Kolima').
Cinema dal piglio moraleggiante e dal sentimentimentalismo a buon mercato, il film di Salvatores costruisce con l'artifizio predicatorio della voce narrante e con le ellissi di un montaggio che instaura la classica dialettica tra i tempi del racconto di una boriosa epica familiare (dagli insegnamenti dell'infanzia alla pratica criminale dell'età adulta e ritorno) un piccolo melodramma avventuroso dove tanto scontate e superficiali appaiono le premesse del furore ideologico e identitario di un malinteso codice d'onore quanto gli esiti di una trama che tra incomprensibili scarti temporali e frammentarietà narrativa finisce per affastellare una serie di luoghi comuni del 'racconto di formazione' privi tanto di attendibilità psicologica quanto di una reale presa emotiva sullo spettatore (dal carismatico capoclan di feroce saggezza al nipote-apprendista riflessivo e spietato, dall'amico-fratello insofferente alla disciplina ed alle regole alla vittima designata quale fragile agnello sacrificale in una tana di lupi feroci). Non fosse solo per le incongruenze di un racconto che precipita in un finale di premesse troppo esigue (si uccide un 'fratello' per vendicare la morte di una 'sorella' o per la semplice contravvenzione al codice d'onore?) o per la retorica buonista dell'etica criminale (se sono criminali un motivo ci sarà pure!), il film di Salvatores indugia oltremodo su di un registro calligrafico di irritante presunzione quanto sulle facili metafore zoologiche di scene madri al 'frame rate' tra colombe svolazzanti e lupacchiotti fuoriusciti dal branco. Tra casting internazionale (Malcovic e Stormare per 'le physique du rôle') e giovani attori tanto alloctoni quanto sconosciuti un esempio, peraltro modesto, di provincialismo cinematografico made in Italy.

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